Nel pozzo artesiano d’ angosce antiche
era buio.
Densi di metallo i demoni.
Ed io aggrappata là, con secche lacrime,
fedeli come lo è la notte al giorno.
Più i movimenti si facevano stanchezza per salire,
più scivolavo in me.
E di silenzio urlavo
e solo mio il rimbalzo d’eco, dentro.
Così è passata molta dell’infanzia, troppa
e quasi tutta la gaiezza ,
mai scoperta
del mio corpo ragazzino.
Scontro fra Titani.
I miei, occhi di talpa.
Poi nel Silenzio di radici antiche,
mani diafane hanno intessuto appigli
e spostato rovi di more ed edera
perché filtrasse da là in alto, luce.
Ed altre mani han rafforzato fasce
intorno all’Anima mia, piccola.
Proprio io? Chiedevo.
Dall’inferno si esce,
ora lo so.
Solo dopo averlo attraversato senza sconti.
Come quando ti prende una pietra secca
e lacerante
e preme e straccia ogni respiro giovane.
Viene il tempo
che la guardi alle tue spalle
e lo puoi fare
perché i demoni hai chiamati ad uno ad uno.
E per ogni pronunciato a sguardo fermo,
quella pietra lontana un po’ di più.
E questo è fare Luce.
Necessario come indossare il proprio nome.
E più profondo è il pozzo
più tenace è la Bellezza.
Lei, che accompagna
ogni cosa nuova agli occhi
che non sono più di talpa.
E tutto è Grazia.
Sarà per questo che mi ritrovo ragazzina, oggi.
E mi copro la bocca con le mani
e rido
per scherzare finalmente con i giorni? Ad uno ad Uno.
Eliana Gambaretti