Nel cervello dei topi obesi alcune cellule del sistema immunitario “rosicchiano” le connessioni tra i neuroni importanti per l’apprendimento e la memoria. L’assalto delle cellule immunitarie può essere evitato grazie all’uso di alcuni farmaci che potrebbero quindi risultare protettivi per il cervello.
L’obesità è una malattia determinata dalla mancanza di attività fisica e dall’assunzione di un numero eccessivo di calorie.
Per definire una persona obesa o meno è necessario calcolare il Body Mass Index (BMI): peso in chilogrammi diviso il quadrato dell’altezza in metri. Si parla di obesità quando questo valore supera i 30 kg/mq (BMI>30). Per esempio una persona di 110 kg di peso e un’altezza di 1,75 m ha un BMI di 110 kg/(1,75 m)^2= 36 kg/mq, dunque è ben oltre la semplice obesità.
L’obesità è implicata in molte patologie. E’ considerata un fattore di rischio per malattie cardiovascolari (infarto, ictus), diabete mellito di tipo 2, tumori, malattie croniche respiratorie (OSAS). Questo è dovuto in parte all’associazione tra obesità e ipercolesterolemia, ipertensione, iperglicemia e in parte all’infiammazione. Il tessuto grasso infatti è un tessuto ricco di cellule infiammatorie in grado di produrre delle molecole dette “citochine” che fungono da mediatori dell’infiammazione (sono responsabili dei vari quadri nell’organismo. E l’ultima scoperta pubblicata sul Journal of Neuroscience qualche giorno fa ha mostrato anche una correlazione tra obesità e danni a memoria e apprendimento.
L’esperimento
La scoperta è della neuroscienziata Elizabeth Gould dell’Università di Princeton e dei suoi colleghi. L’esperimento ha visto protagonista un gruppo di topolini bianchi che sono stati sottoposti ad una dieta ricca di grassi. Dopo 12 settimane di questo regime alimentare, i topolini hanno raggiunto un peso del 40% superiore rispetto ai topi sottoposti ad un regime alimentare “standard”. Il gruppo di topi obesi ha mostrato segni di diminuzione delle capacità intellettive. I topi obesi, rispetto a quelli in forma, sono risultati peggiori nella fuga dal labirinto e nel ricordare la localizzazione di un oggetto.
La scoperta
A livello microscopico i neuroni dei topi obesi mostrano meno dendriti a livello dell’ippocampo, una parte del cervello importante per quanto concerne la memoria. I dendriti sono delle strutture responsabili delle interazioni dei vari neuroni e quindi della capacità degli stessi di scambiarsi messaggi.
Differenza nel numero dei dendriti in topo sano (sopra) e obeso (sotto)Fonte: Journal of Neuroscience
La distruzione dei dendriti sembra essere dovuta all’iperattivazione delle cellule della microglia, le quali formano il sistema immunitario del cervello. La loro attivazione potrebbe essere da imputarsi alle citochine prodotte dagli adipociti del tessuto grasso (dette infatti adipochine). Sono due i dati a supporto di questa ipotesi:
- rispetto ai topi normopeso, nei topi obesi è possibile trovare molte cellule della microglia attivate tra i radi dendriti;
- interferendo farmacologicamente con la microglia, i dendriti vengono “protetti” e le performance mnemoniche dei topi migliorano.
L’obesità dunque potrebbe essere un “tassello mancante” utile a comprendere meglio patologie come la malattia di Alzheimer. Inoltre capire come bloccare l’iperattivazione della microglia potrebbe aprire la strada per molte terapie innovative.
Non ricordi dove hai messo le chiavi? Forse è meglio mettersi a dieta.
Marco Giglia