Nur Sajat, imprenditrice nel settore dei cosmetici e donna trans malese, rischia fino a 3 anni di carcere per aver indossato vestiti tradizionalmente femminili ad un evento religioso.
Chi è Nur Sajat
Nur Sajat è una cittadina malese, un’influencer e imprenditrice, ma è anche una donna trans. In quanto tale, si sente di esprimere la sua identità di genere indossando abiti tipicamente associati al genere femminile. Tuttavia, questo sembrerebbe essere un problema agli occhi del governo islamico malese.
Le accuse
La vicenda scaturisce nel 2018, quando all’evento di beneficienza da lei organizzato, Nur Sajat indossa un hijab, “fingendo di essere una donna”. A seguire arrivano svariati reclami al JAIS (Dipartimento religioso islamico di Selangor), nei quali Sajat viene accusata di aver insultato l’Islam. L’accusa si basa sulla Sezione 10 del Syariah Criminal Offences (Selangor) Enactment 1995. Secondo quest’ultima, chiunque, attraverso disegni, parole o altre forme di rappresentazione, insulta l’Islam, ne deride le pratiche o ne degrada le leggi, dev’essere multato e/o incarcerato per un massimo di tre anni.
Solo il 6 gennaio 2021 però, ben 3 anni dopo l’accaduto, Sajat viene portata davanti al tribunale della Sharia di Shah Alam. La polizia la rilascia soltanto il giorno seguente, dopo aver pagato una cauzione di circa 600€. A seguito dell’accaduto Sajat riceve anche minacce di morte, dopo aver postato sui social media un video in cui parlava di voler abbandonare l’Islam. All’udienza successiva, il 23 febbraio, Sajat non si presenta. Di conseguenza, la Corte suprema indice un mandato di arresto, e il JAIS mette ben 122 agenti sulle tracce della “criminale”.
L’espatrio di Nur Sajat
L’imprenditrice decide quindi di fuggire in Thailandia, ma l’8 settembre le autorità thailandesi per l’immigrazione la arrestano per essere entrata nel paese con un passaporto non valido. Viene poi rilasciata due giorni dopo a seguito del pagamento di una cauzione di circa 1700€. Nonostante il rilascio, Nur Sajat è tenuta a presentarsi ogni 14 giorni all’ufficio immigrazione thailandese.
Estradizione o asilo?
Sembrerebbe che la polizia reale malese ed il ministero degli esteri stiano lavorando alla domanda di estradizione per Sajat, per riportarla in Malesia. Tuttavia, come confermato dal tweet di Phil Robertson, direttore del programma Asia di Human Rights Watch, l’Agenzia ONU per i Rifugiati ha riconosciuto a Nur Sajat lo status di rifugiata. Ciò vuol dire che, secondo quanto stabilito dalla Convenzione sullo status dei rifugiati del 1951, per il principio del non-refoulement,
As a @UNHCRAsia recognized refugee, under no circumstances should Nur Sajat be sent back to #Malaysia. She needs to be sent to a country that will offer rights protections, not persecuted for being #LGBT which is what will happen if she is sent to Malaysia https://t.co/4tNkRvKbrt
— Phil Robertson (@Reaproy) September 20, 2021
Un gruppo di attivisti per i diritti umani ha quindi lanciato una petizione per spingere il governo thailandese a non cacciare Sajat dal paese, ma ad attendere il suo trasferimento in quanto richiedente d’asilo in un terzo paese. La petizione si basa sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, in particolare sull’Articolo 29(2), che limita le restrizioni sulla libertà individuale.
LGBTQ+ e la Sharia
La comunità LGBTQ+ in Malesia è ancora discriminata e criminalizzata, al punto che coppie same-sex sono ritenute illegali. Nel 2019 quattro uomini sono stati frustati e detenuti in carcere per 6 mesi per presunti “reati omosessuali”. Sono stati condannati ai sensi della legge islamica (Sharia) perché i rapporti omosessuali sono ancora ritenuti “contro natura”. Inoltre, il Comitato Fatwa, massimo organo religioso del paese, ha etichettato le persone transgender ‘fasik’, ossia violatori delle leggi islamiche, vietando loro l’ingresso nelle moschee. Si tratta quindi di una situazione al quanto drammatica, un paese dove i cittadini non sono liberi di esprimere sé stessi come più preferiscono. Una società liberticida.
Stop hunting Sajat. Let her live free. If wearing as muslimah during religious functions can get us imprisoned then bring it on Malaysian Government. We, Malay transwomen won’t ignore our true self and be silenced for this nonsensical judgement
— nur athira (@athirafathiyah) September 20, 2021
Elisa Pinesich