La giunta militare ha deciso per il prossimo 18 giugno la data per il referendum costituzionale in Mali, trovando il favore del presidente della Commissione dell’Unione Africana Moussa Faki Mahamat.
Il nuovo referendum costituzionale in Mali
La giunta militare al potere in Mali ha fissato per il 18 giugno il referendum in programma per approvare la nuova Costituzione. La notizia è stata annunciata il 5 maggio in diretta televisiva dal portavoce del governo di transizione, il colonnello Abdoulaye Maiga, precisando che la campagna elettorale si aprirà il prossimo 2 giugno e si concluderà il 16, soli due giorni prima del voto, con i militari che potranno inoltre esprimere la loro preferenza la settimana precedente. Inizialmente previsto per il 19 marzo, il referendum costituzionale in Mali era stato rinviato a data da destinarsi a causa di un mancato accordo fra le parti sul testo da presentare ai cittadini, la giunta aveva tuttavia assicurato che avrebbe rispettato i suoi impegni di riportare i civili al governo del Paese entro l’anno prossimo. Il referendum è il primo passo previsto dalla tabella di marcia predisposta dalle autorità di transizione di Bamako verso le elezioni generali in programma nel febbraio 2024, che dovrebbero sancire, si spera, un ritorno al governo civile. Il progetto per la nuova Costituzione del Mali è un elemento fondamentale della grande macchina rinnovatrice messa in moto dai militari per giustificare l’intenzione di continuare governare fino al 2024. La versione definitiva della bozza di Costituzione, consegnata al capo della giunta e leader de facto del paese Assimi Goita lo scorso 27 febbraio, afferma “l’attaccamento alla forma repubblicana e alla laicità dello Stato”.
Il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, ha accolto favorevolmente l’annuncio del referendum, elogiando tutti gli sforzi fatti dalla giunta per riportare un governo di civili alla guida del paese. Inoltre il presidente si è rivolto ai politici, ai gruppi religiosi e a tutte le parti interessate ad essere attivamente coinvolte nella costruzione di uno stato democratico, affinché contribuiscano al successo del referendum mettendo al primo posto l’interesse del Paese. Il sito ufficiale dell’Unione Africana inoltre riporta:
Il presidente si impegna a continuare a sostenere la Commissione dell’Unione africana nell’accompagnare le autorità e le persone in Mali verso l’adempimento senza soluzione di continuità ed efficace del mandato di transizione e ribadisce la necessità di una gestione inclusiva, trasparente e credibile del processo di transizione, in vista della prossime elezioni nel marzo 2024.
I recenti colpi di stato in Mali
Il Mali dal 2012 è segnato da una diffusa violenza e dall’aumento di tensioni fondamentaliste di matrice islamica e ha visto nel 2021 il verificarsi di un golpe da parte dell’esercito, guidato dal generale. Assimi Goita. Il militare però è stato l’artefice non solo di uno, ma di ben due colpi di stato. Nell’agosto 2020 aveva guidato l’esercito riuscendo nell’impresa di far cadere il governo e a far dimettere forzatamente il presidente Ibrahim Boubacar Keïta; soltanto un mese dopo però la giunta aveva dovuto cedere alle pressioni internazionali, concedendo il potere ad un governo di transizione, guidato dal presidente Bah Ndaw, assegnando però ad Assimi Goita la carica di vicepresidente. Il nuovo colpo di mano arriva in risposta al rimpasto di governo che aveva escluso due militari vicini alla giunta golpista, facendo così intravedere un pericolo per la transizione. La giunta però ha continuato a ribadire che l’intento non è quello di governare il paese come una dittatura ma ha il solo obiettivo di riportare un governo democratico nel paese entro il 2024. Le opposizioni sembrano procedere con prudenza e in ordine sparso: l’”Associazione maliana per i diritti umani” ha condannato il colpo di Stato e sollecitato la popolazione ad attivarsi per salvare il difficile percorso di transizione democratica; anche il coordinamento delle comunità jihadiste chiama alla vigilanza e alla mobilitazione. Il “Movimento 5 giugno” invece, la principale forza politica del paese, invita alla calma e auspica un nuovo governo eletto al più presto, come promettono i (due volte) golpisti.
In Mali, la situazione è estremamente fragile a causa dell’avanzare del fondamentalismo, delle richieste di autonomia della minoranza Tuareg, delle difficoltà economiche e degli strascichi lasciati dal Covid-19 e dalla conseguente emergenza sanitaria. Come se tutto ciò non fosse sufficiente, il paese africano si deve preoccupare anche dello svolgimento di una “transizione democratica”, guidata però da una giunta militare.