Un altro tema sociale per il nuovo film di Pif: questa volta sta dalla parte dei rider. “E noi come stronzi, rimanemmo a guardare” è il titolo tratto da una poesia di Reno Bromuro: forte, ma racchiude un messaggio chiaro ed esplicito.
Lo sfruttamento del lavoro precario
Pif si mette dalla parte dei rider, coloro che a cavallo di una bicicletta bussano alla tua porta con il cibo acquistato con un click.
I rider appartengono alla nuova fascia di lavoratori in Italia che manca di uno stipendio che permetta di vivere dignitosamente, ma soprattutto manca di sicurezze. In un mondo in cui le certezze si stanno sgretolando, anche sul lavoro non si è più tutelati.
Pif, nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha parlato proprio di questo cambiamento nella società odierna. In passato si distinguevano due categorie fondamentali: chi guadagnava bene, ma non aveva certezze e chi guadagnava poco, ma era tutelato.
Ora sta nascendo una nuova categoria che ha ottenuto il peggio di entrambi. Viene spacciato per un lavoro da freelance: lavori quando vuoi, ti viene detto. In realtà è tutta una menzogna. Più ore lavori più guadagni, e questo vale anche quando le condizioni atmosferiche non sono favorevoli. I rider sono dipendenti a tutti gli effetti: i dipendenti degli acquisti con un click.
Servono nuovi diritti
Il nuovo film di Pif è una denuncia sottile: dove sono i diritti di questi nuovi lavoratori? È questa la democrazia tanto acclamata in Italia? Non ci sono né sindacati né partiti a difendere questa fascia, l’ultima nella gerarchia. I rider sono abbandonati a loro stessi.
Pif non dà colpa alle nuove tecnologie, ma si scaglia contro chi non ha ancora dettato le leggi che tutelano questa tipologia di lavoro. Il problema è che la società sta cambiando molto velocemente e oggi non è ancora pronta ad accogliere questa nuova categoria di lavoratori.
Oggi sempre più giovani stanno sviluppando una mentalità diversa dal lavoro sicuro, dal “posto fisso”. Pif ne è l’esempio, il quale ha rinunciato ad un posto stabile per fare il regista. Certo, fare il regista o fare il rider sono due lavori completamente diversi, ma il principio dell’incertezza è lo stesso.
Pif si mette dalla parte dei più deboli, degli indifesi, di coloro che non hanno diritti.
Conclusioni
Pif non definisce una soluzione al problema dei rider, quello spetta a chi di dovere. Si può definire piuttosto portavoce di uno dei problemi che sta avanzando nel nostro paese: la mancanza di diritti per i nuovi lavori gestiti con le app.
Lo stile del nuovo film di Pif si colloca nel mezzo tra l’impegno civile e la commedia per non rendere il film troppo pessimista, ma lasciando lo spettatore con spunti di riflessione.
Margherita Marchesi