Lo scorso luglio avevo scritto a proposito dell’imminente lancio della sonda Parker Solar condividendo l’entusiasmo della NASA per una missione che prometteva di farci conoscere il nostro astro come mai in precedenza. La sonda è poi effettivamente stata lanciata il 12 agosto e a distanza di pochi mesi l’entusiasmo e l’orgoglio della NASA sembrano pienamente giustificati, ne dà notizia l’ente spaziale americano annunciando la pubblicazione su Nature di ben quattro articoli scientifici scaturiti dalle nuove scoperte sul Sole.
Il primo articolo riguarda lo studio del vento solare emergente da un buco nella corona solare all’altezza dell’equatore.
Il secondo uno studio ravvicinato di diverse zone della corona solare cercando conferme o smentite delle previsioni teoriche su quanto vi si dovrebbe trovare.
Il terzo lo studio di venti solari a velocità supersoniche nelle immediate vicinanze del Sole.
Il quarto studio, frutto del passaggio più ravvicinato finora, che si è spinto fino a “soli” 24 milioni di chilometri dal Sole si è concentrato sullo studio delle particelle più energetiche in questa zona ai margini della eliosfera interna.
Giova ricordare, a chi non sia ferrato sull’argomento, che il fatto che possiamo predire come e quando morirà una stella non vuol dire che sappiamo tutto quel che c’è da sapere sulla complessa vita di questi astri, vuol solo dire che in quell’evoluzione rientrano solo due fattori essenzialmente, la gravità che tende a farla collassare e le reazioni di fusione nucleare che contrastano il collasso (ma allo stesso tempo ne sono innescate ovviamente), dunque in sostanza dipende solo dalla massa della stella.
Invece lo studio dell’unica stella vicina a noi, il nostro Sole, da un lato ci può permettere di comprendere i particolari dell’evoluzione stellare (e verificare teorie) e dall’altro è una necessità per imparare a proteggere uomini e costosi strumenti che nello spazio, senza la protezione della nostra atmosfera sono esposti alle bizze della nostra stella.
Le sorprese non sono mancate, ad esempio nella scoperta della enorme complessità del vento solare, quando arriva da noi, dopo un viaggio di 150 milioni di chilometri di quella complessità non c’è più traccia, tanto che Stuart Bale dell’Università della California e responsabile della strumentazione che ha indagato il vento solare racconta che ogni volta che ha mostrato a un nuovo collega i dati la reazione è stata invariabilmente di sbalordimento.
In parole povere gli strumenti a bordo della Parker solar hanno verificato che le correnti di vento solare (che è costituito da plasma, così come la corona) sono molto più turbolente di quanto si credesse e questo porterà a una migliore comprensione di come disperdono nello spazio l’energia proveniente dalla corona solare. Un’altra osservazione senza precedenti è stata quella del vento solare che ruota, quando arriva sulla Terra il vento solare arriva radialmente, cioè come se fosse uscito dal Sole in linea retta, ma noi sappiamo che non è così, nelle vicinanze del Sole il vento solare deve girare insieme all’atmosfera, capire a che punto avviene la transizione da movimento circolare a rettilineo ha anch’esso implicazioni sui pattern con cui viene dispersa l’energia ed è di interesse per varie questioni dell’evoluzione stellare, ad esempio anche per la formazione del disco da cui si sviluppa un sistema planetario. Parker solar per la prima volta è riuscita ad osservare il carosello che inizia a più di 30 milioni di km dal Sole.
Tutto questo è il risultato di solamente tre dei 24 passaggi programmati della sonda nell’atmosfera solare, eccitanti nuove scoperte sul Sole ci attendono.
Roberto Todini