Il governo progressista iberico ha annunciato, il 3 Marzo 2020, la modifica delle norme giuridiche che definiscono il reato di stupro in Spagna. Il capo dell’esecutivo che ha promosso questa legge è Pedro Sanchéz, che, dal 7 Gennaio, guida la coalizione composta dal Partito Socialista (Psoe) e da Podemos.
Negli ultimi anni l’opinione pubblica spagnola si era contraddistinta per l’attenzione al tema delle violenze sessuali ai danni delle donne.
Il caso che, più di altri, ha contribuito a smuovere le coscienze e a spingere le persone a mobilitarsi per richiedere la ridefinizione del reato di stupro in Spagna, è stato quello conosciuto con il nome di La Manada
L’episodio così ricordato si è verificato il 7 Luglio 2016. Alle prime luci di quel giorno, a Pamplona, cinque uomini attaccarono una donna, stuprandola a turno e filmando la violenza.
Oltre che dall’episodio, la Spagna fu sconvolta dalla relativa sentenza: gli aggressori furono inizialmente giudicati colpevoli di abuso sessuale, ovvero di una tipologia di reato che prevedeva pene minori rispetto a quello di stupro. Tale sentenza fu motivata dal fatto che l’accusa non era riuscita a provare l’uso della forza da parte degli imputati al fine di sottomettere la vittima.
Il verdetto è stato rovesciato il 21 Giugno 2019 da una sentenza della Corte suprema spagnola da cui i cinque aggressori sono stati dichiarati colpevoli di stupro
Questo episodio, però, è considerato l’esempio paradigmatico della grave lacuna del sistema giudiziario che, con la nuova legge, la Spagna si è impegnata a superare.
Il principio di fondo della nuova norma, infatti, è che ogni rapporto sessuale che si sia verificato senza il consenso <<esplicito e libero>>, <<verbale o non verbale>>, di chi vi è coinvolto, è stupro
Anche se il principio potrebbe sembrare scontato, non lo è. L’assenza di questa precisazione, infatti, è stata utilizzata dalla difesa degli aggressori che, spesso, è stata costruita sull’argomentazione secondo cui l’eventuale vittima non aveva espresso esplicitamente il proprio rifiuto nei confronti dell’aggressore sessuale che, quindi, poteva aver frainteso la sua volontà.
La nuova legge spagnola, quindi, non aumenta le pene per i reati di stupro, ma serve ad evitare che in tribunale si giunga a condannare un uomo colpevole di stupro per abuso sessuale, ovvero per un reato meno grave di quello che ha commesso, solo perché la vittima, per debolezza psichica o qualsiasi altra ragione, non è riuscita a manifestare il suo esplicito rifiuto per quanto stava subendo.
Con questa modifica al codice penale spagnolo vengono definite anche le <<molestie occasionali>>, viene cioè fornito uno strumento per perseguire atteggiamenti sessisti, lesivi della dignità delle donne. Le pene per le sollecitazioni a sfondo sessuale nei contesti scolastici e professionali, inoltre, vengono aumentate.
La titolare del Ministerio de Igualdad (Ministero dell’Uguaglianza), l’esponente di Podemos Irene Montero, ha commentato con entusiasmo la nuova legge, definendola una <<legge pioniera nel mondo>> con la quale il governo spagnolo ha voluto <<affermare il diritto delle donne ad una vita libera dal pericolo di subire violenze sessuali>>.
In realtà, per quanto siano pochi i paesi ad aver adottato il principio del consenso esplicito per definire lo stupro, la Spagna, con questo provvedimento, si aggiunge alle altre nazioni europee che avevano precedentemente promulgato leggi in tal senso. Svezia, Regno Unito, Irlanda, Germania, Islanda, Belgio, Cipro e Lussemburgo, si erano, infatti, mosse prima del paese iberico.
Questi Stati, inoltre, non hanno fatto altro che adattare la propria legislazione interna alla Convenzione Europea sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica
Il Consiglio d’Europa ha adottato questo testo, conosciuto come Convenzione di Istanbul, l’11 Maggio 2011. Essa è entrata in vigore il 1 Agosto 2014, una volta raggiunte le dieci ratifiche necessarie. La Convenzione è importante perché rappresenta <<il primo strumento giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza>>.
L’Italia è orgogliosa di affermare di aver avuto un ruolo fondamentale nel rendere possibile l’entrata in vigore della Convenzione e vanta di essere stata una delle prime Nazioni a firmare il testo, il 27 Giugno 2013
È sicuramente vero che il nostro paese è stato uno dei primi a firmare la Convenzione di Istanbul, ma non si può dire che il parlamento sia stato altrettanto efficiente nel modificare le norme interne sulla base di quella ratifica.
Anche se le sentenze prodotte, con qualche vistosa eccezione, testimoniano il fatto che si sta andando verso la definizione dello stupro sulla base del criterio dell’assenza di consenso, non è ancora stata prodotta, dall’organo legislativo italiano, alcuna modifica alla legge che definisce il reato di violenza sessuale.
Il codice penale italiano definisce lo stupro all’Art 609 bis in questo modo:
Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.
Bisogna anche sottolineare che in Italia si procede al perseguimento di questo reato solo a seguito della querela presentata da parte della persona offesa.
L’Italia, quindi, deve fare dei passi avanti per quanto riguarda la definizione giuridica del reato di stupro e, di conseguenza, la tutela delle donne che ne sono vittima
Non è un caso se, troppo spesso, le donne rinunciano alla ricerca di giustizia per evitare di intraprendere iter processuali in cui ad essere sotto esame sarebbero i loro comportamenti più che quelli degli aggressori.
Amnesty International Italia, proprio per far fronte a questa lacuna del codice penale italiano, ha annunciato una campagna finalizzata a riportare l’attenzione sulla necessità di ridefinire il reato di violenza sessuale proprio sulla base della Convenzione che le istituzioni italiane si dicono, giustamente, molto orgogliose di aver ratificato.
Silvia Andreozzi