La scoperta del DNA come doppia elica è una pietra miliare nella storia della scienza. Il lavoro di quattro ricercatori che si fondono insieme per risolvere uno dei più grandi misteri della vita. Ciò che diede origine a quello che oggi conosciamo come il campo della genetica moderna. Ma decenni più tardi, stiamo ancora scoprendo che il DNA è un pezzo di macchina biologica dannatamente più complicato di quanto non avessimo immaginato.
Oltre la doppia elica
Per la prima volta, gli scienziati hanno scoperto una nuova forma di DNA celata all’interno delle cellule umane. In uno studio pubblicato lunedì 23 aprile su Nature Chemistry, un team di ricercatori del Kinghorn Center for Clinical Genomics di Sydney descrive il DNA trovato in alcune cellule umane come una struttura a nodi a quattro fili, chiamata i-motif, capovolgendo gran parte di ciò che pensavamo avrebbe e non avrebbe potuto esistere negli esseri viventi, e suscitando una serie di domande su quale possa essere il ruolo di questa struttura, se ne ha uno.
Sappiamo già che il DNA può trovarsi in forme diverse, come triple eliche o cruciformi. E l’i-motif non è la prima struttura a quattro fili trovata nelle cellule umane. Nel 2013 ad esempio venne fatta la scoperta del DNA G-quadruplex. Ma questa è la prima volta che sono stati scoperti i-motif in cellule umane. Inoltre, la struttura i-motif fu osservata per la prima volta circa due decenni fa, realizzata sinteticamente in laboratorio; molti però ipotizzavano ch’essa probabilmente non sarebbe mai stata trovata in natura.
Afferma Daniel Christ, direttore del Centre for Targeted Therapy presso il Garvan Institute e coautore del nuovo studio:
“Ciò ha sollevato un dibattito scientifico sull’importanza biologica di questa struttura. Stiamo fornendo la prima prova diretta che la struttura i-motif esiste nelle nostre cellule in certe condizioni fisiologiche.”
Lacci e impalcature
Ecco come funziona l’i-motif: immaginate una piccola sezione della doppia elica del DNA in cui i legami di idrogeno che collegano i due fili principali si sfaldano mentre l’elica improvvisamente si torce. Se uno dei fili è colmo di citosina (uno dei quattro principali acidi nucleici che compongono il DNA), esso si avvolgerà verso l’esterno come un laccio legato. I legami idrogeno si formeranno all’interno di questo laccio, legando la citosina a sé stessa (anziché alla guanina, come avviene normalmente nella doppia elica).
Afferma Laurence Hurley, chimico medico dell’Università dell’Arizona che ha anche studiato gli i-motif:
“Costituiscono essenzialmente un’impalcatura, dove ogni legame C-C è di 90 gradi rispetto alla corrispondente coppia C-C.”
Per confermare la presenza di questi i-motif nel DNA umano e individuare le loro posizioni, il team di Sydney ha creato uno speciale frammento di una molecola anticorpo capace di legarsi alla struttura i-motif. Hanno quindi utilizzato tecniche fluorescenti per evidenziare le molecole di anticorpi al microscopio. È un metodo molto collaudato in chimica e biologia, e dovrebbe spazzare via gli ultimi dubbi sulla reale esistenza in natura degli i-motif.
Ma cosa fa l’i-motif? Esistono alcuni indizi che portano ad ipotizzare che giochi un ruolo rilevante nella trascrizione (quando la cellula utilizza il DNA come istruzione per creare diverse proteine). Il team di Sydney ha studiato la presenza di i-motif durante tutte le fasi del ciclo cellulare e ha scoperto ch’essi appaiono più spesso quando il DNA viene attivamente trascritto, ma scompaiono quando il DNA viene replicato.
Una nuova speranza contro il cancro
Si è inoltre scoperto che gli i-motif appaiono spesso nei promotori genici, che non sono letti ed espressi come prodotti proteici, ma che invece possono attivare e disattivare l’espressione di altri geni e prevenire o promuovere la produzione di determinate proteine.
Afferma Christ:
“Riteniamo probabile che la formazione di i-motif nelle regioni dei promotori rafforzi l’espressione dei geni corrispondenti.”
Secondo Hurley, ci sono proteine e meccanismi specifici che lavorano per srotolare il DNA, creare le pieghe di i-motif e stabilizzarle durante la trascrizione, e poi aprire questi nodi e riavvolgere il tutto in una doppia elica quando è il momento della divisione cellulare. E questo può essere realizzato senza le soluzioni super-acide tipicamente necessarie per la creazione degli i-motif.
Dice Hurley:
“Ecco dov’è il potere di queste strutture. Sono altamente dinamiche, e puoi piegarle e riaprirle, per attivare la trascrizione. È chiaro che queste strutture [i-motifs] sono implicate nell’espressione genica. Questa ricerca fornisce la ciliegina sulla torta.”
Hurley e altri hanno già trovato le prove che gli i-motif sono legati ad alcuni geni correlati al cancro, come il MYC (espresso in oltre l’80% dei tumori), KRAS (che controlla la crescita cellulare e la proliferazione) e BCL-2 (che impedisce al cancro di subire apoptosi o morte programmata). Lo stesso Hurley ha recentemente fondato una nuova società, Reglagene, che sta cercando di usare questi i-motif come potenziali bersagli per nuovi farmaci antitumorali e prevenire l’oncogenesi a livello genetico.
Gli infiniti misteri della molecola della vita
Le nuove scoperte mostrano quindi abbastanza chiaramente che gli i-motif possono trovarsi nelle cellule umane viventi. Ma Hanbin Mao, un biochimico della Kent State University che non è stato coinvolto in questo studio, nota una cosa: c’è anche la possibilità di provare che gli i-motif sono fenomeni del tutto naturali. I ricercatori di Sydney non possono dire con certezza se l’anticorpo utilizzato non fosse vincolante per altri bersagli. E, cosa più importante, che il legame dell’anticorpo al DNA non abbia favorito la formazione degli stessi i-motif. Inutile dire che ci vorranno ancora anni o addirittura decenni per saperne di più su cosa siano davvero gli i-motifs, come funzionano, perché esistono e come potremmo essere in grado di sfruttare i loro poteri.
Una cosa è certa, però: sono passati quasi 65 anni dopo Watson, Crick, Franklin e Wilkins. Eppure, il DNA, la molecola della vita, continua a celare straordinari e infiniti segreti.
Roberto Bovolenta