Da aprile 2015, la cantautrice turca Nûdem Durak, 34 anni, è detenuta ingiustamente in carcere per aver cantato nella sua lingua nativa, il curdo, di temi politici, dando voce a un popolo a lungo perseguitato che in lei si era riconosciuto. A sostegno della sua liberazione si è levato all’unisono, in un coro di solidarietà, il mondo della musica internazionale. E non solo.
Orgoglio curdo
Ha comprato la prima chitarra impegnando l’anello di matrimonio di sua madre perché per Nûdem Durak la musica è sempre stata tutto. E senza risorse ha dovuto realizzare il suo sogno con sacrificio dal principio. Negli ultimi tempi, però, il sacrificio ispirato delle origini si è trasformato in una condanna.
Dal 2009, Nûdem si esibiva nel centro culturale di Mem û Zîn, a Cizre, un luogo di ritrovo per i curdi del sudest della Turchia, e insegnava alle comunità e ai bambini canzoni tradizionali. Raccontava così con fierezza le radici della sua gente. Aveva dato vita in seguito a un gruppo musicale, il Coma Sorxwin, esponendosi in un Paese in cui la lingua curda aveva sperimentato una severa interdizione. La soglia di tolleranza verso le rivendicazioni di un popolo da sempre senza Stato era intanto cresciuta. Ma Nûdem si è resa invisa alle autorità turche, fino all’arresto per sospetti contatti – mai provati – con il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan.
Dal 2012 vigeva nella Turchia di Erdogan un accordo di pace con il PKK, che si è interrotto proprio nel 2015. Risultato: una nuova escalation e uno stato di allerta tale da determinare il fermo, oltre che di Nûdem Durak, di 150 persone tacciate di collaborazione con il Partito.
Alla notizia del mandato di cattura nei suoi confronti, Nûdem si è mostrata incredula, convinta che si trattasse di uno scherzo. Ma in un momento storico di tensioni, con gli attacchi divenuti sempre più frequenti da parte del PKK, quella che sembrava un’assurdità si è rivelata per lei una sentenza: 19 anni in carcere con l’accusa di propaganda terrorista. Nûdem, divenuta il volto del nemico per la Corte Suprema turca, si è ritrovata così a pagare a caro prezzo il suo orgoglio curdo.
La solidarietà internazionale
La cantante è stata condotta nella prigione di Mardin, poi di Bayburt e impossibilitata, secondo il suo avvocato Ali Çimen, ad avere un’equa difesa. Ha subito due processi: nel primo è stata condannata a scontare 10 anni, nel secondo 9. Nel mentre, il polo culturale di Mem û Zîn è stato demolito.
Durante la detenzione a Mardin, Nûdem Durak ha stretto amicizia con la giornalista e artista Zehra Doğan. Insieme hanno creato un giornale che si richiama a un precedente quotidiano filocurdo, chiuso nel 2016. A Bayburt, invece, ad aggiungere dolore alla sua condizione sta un episodio che ha contribuito a sensibilizzare ulteriormente il mondo della musica. Durante un controllo, nel 2017, infatti, la chitarra che aveva potuto portare con sé è stata distrutta dalle guardie carcerarie, con sprezzante aggressività. Un gesto che ha polverizzato l’unica, simbolica connessione con la libertà.
Così, il panorama musicale internazionale, già attivo e affezionato alla causa di Durak, ha portato avanti in modo sempre più energico la campagna Songs for Nûdem. Orientata a coinvolgere e a mobilitare i cittadini di tutto il mondo sul diritto di cantare e di farlo nella propria lingua, l’iniziativa è solo una delle numerose nate di recente. Strappare il bavaglio dei turchi alla facoltà di espressione è l’orizzonte comune degli attivisti che, ultimamente, stanno affollando il web. Dalle dichiarazioni delle stelle del palco come Roger Waters e Peter Gabriel, passando per gli intellettuali come Noam Chomsky: l’appello per Nûdem si è diffuso capillarmente, scavalcando i confini della musica.
L’obiettivo è fare rumore per smuovere le autorità turche e restituire voce a Nûdem, con il suono delle idee e degli strumenti, in un coro intonato per i diritti umani.
Cantare in lingua curda è un’eredità dei miei antenati. Il mio unico crimine è creare arte.
-Nûdem Durak-