“L’industria dell’Olocausto” di Norman Gary Finkelstein: una tragedia di enorme portata

Norman Gary Finkelstein

A me sembra che l’Olocausto venga venduto, più che insegnato.

                                                                     Rabbino Arnold Jacob Wolf Hillel Director, Yale University

 

L’industria dell’Olocausto: Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei di Norman Gary Finkelstein offre il quadro completo della tragedia che ha coinvolto tutti noi, direttamente e indirettamente, ossia la tragedia per eccellenza che si studia sui libri scolastici. Questo libro, pubblicato da Meltemi, non si sofferma solo sul concetto di Olocausto, sull’idea di memoria e sulle vittime ebree, piuttosto dimostra come la sofferenza degli ebrei sia stata strumentalizzata.

Norman Gary Finkelstein

L’autore di questo libro è uno storico e attivista statunitense, il quale ha conseguito i suoi studi nella Binghamton University di New York, successivamente all’École pratique des hautes études di Parigi, seguito da un dottorato in scienze politiche all’Università di Princeton. Finkelstein si è da sempre interessato alle tematiche inerenti all’Olocausto e al conflitto arabo-israeliano.

Questo libro era già stato pubblicato da Rizzoli nel 2002, ma l’edizione attuale è stata arricchita da alcune parti, tra cui un saggio dello stesso Finkelstein intitolato “Neo-antisemitismo: è davvero così nuovo”, dalla postfazione alla seconda edizione e dall’appendice alla seconda edizione.

Non bisogna dimenticare che Finkelstein è figlio di sopravvissuti ebrei del ghetto di Varsavia e, successivamente, del campo di concentramento di Auschwitz. Probabilmente, anche per questo motivo, le tematiche che affronta gli stanno maggiormente a cuore. Non bisogna nemmeno dimenticare che nel 2008 gli è stato vietato l’ingesso a Israele, un divieto che è durato dieci anni. Essendo un critico di Israele ha definito il paese come “Stato suprematista ebraico”, accusandolo anche di perpetuare una politica di segregazione razziale nei confronti dei palestinesi.

Inoltre, questo libro è nato grazie anche alla lettura di “The Holocaust in American Life”, ossia “L’Olocausto nella vita americana” di Peter Novick. Novick si concentra maggiormente sugli abusi più importanti e clamorosi, mentre l’interesse di Finkelstein deriva da motivazioni personali, a partire da ciò che è accaduto alla madre e al padre.

L’Olocausto come arma ideologica

Finkelstein, in questo libro, cerca di sottolineare come lo Stato d’Israele sia stato uno dei primi a utilizzare l’Olocausto per giustificare il suo operato repressivo nei confronti del popolo palestinese. Una realtà che non si discosta molto da quella attuale, avendo appunto radici molto lontane. Infatti, la guerra che stiamo vivendo oggi, sebbene venga seguita attraverso lo schermo di un televisore o grazie alle notizie che possiamo leggere sui giornali, non è nata l’altro ieri ma è presente da oltre mezzo secolo, sia per motivi religiosi che politici.

L’autore paragona così gli orrori subiti dai palestinesi per mano di Israele, ricordando la Nabka, ossia la cacciata degli arabi palestinesi dalle loro terre a seguito della prima guerra arabo-israeliana del 1948, a quelli subiti dagli ebrei per opera dei nazisti. Sebbene sia un libro alquanto attuale, non è direttamente collegato agli avvenimenti di oggigiorno.

Il termine Olocausto

Il termine Olocausto, purtroppo conosciuto ormai da tutti, ha molteplici significati. Quest’ultimo deriva dal greco e significa “bruciato tutto”. Infatti, era una vera e propria forma di sacrificio che veniva praticata nell’antichità da alcune religioni, come quella greca ed ebraica, in cui, come si può evincere dalla traduzione, la vittima veniva bruciata completamente.

In senso figurato, si collega allo sterminio e alla distruzione di persone, motivo per cui si fa riferimento al genocidio di milioni di ebrei per opera delle autorità della Germania nazista. Un genocidio che ha visto, principalmente ma non solo, l’uccisione di moltissimi ebrei, ritenuti inferiori e non puri.

Il libro, quindi, è un atto di accusa nei confronti dell’Olocausto, ma tende anche a sottolineare come l’Olocausto sia una rappresentazione ideologica dell’Olocausto nazista. Quindi, il termine “Olocausto” è la rappresentazione ideologica, mentre il concetto di “Olocausto nazista” rappresenta l’evento storico.

Non erano molti i libri in commercio che affrontavano il concetto di Olocausto nazista, soprattutto tra la fine della Seconda guerra mondiale e quella degli anni Sessanta. L’Olocausto sicuramente rappresenta un evento storico unico, difficile da paragonare, ed è, inoltre, la rappresentazione dell’odio irrazionale dei gentili nei confronti degli ebrei.



Bisogna però ricordare come, dopo la Seconda guerra mondiale, l’Olocausto nazista non era visto come un evento storico unicamente ebraico, e nemmeno unico. Piuttosto, venne inserito in una dimensione universalistica dall’ebraismo americano. Dopo la guerra dei Sei Giorni (5-10 giugno 1967), si diffuse invece la convinzione che l’Olocausto era qualcosa di veramente unico e ineguagliabile. Così come anche i sopravvissuti all’Olocausto nazista, prima del 1967, furono zittiti perché la loro testimonianza era vista come sconveniente, ma dopo la guerra vennero invece santificati e presi in considerazione.

Infatti, come si legge nel libro, si può dimostrare che:

 «Qualunque evento storico è unico, se non altro in virtù del tempo e del luogo in cui accade, e presenta tanto caratteristiche sue proprie quanto tratti comuni ad altri eventi storici. L’anomalia dell’Olocausto consiste nel fatto che la sua unicità è ritenuta assolutamente decisiva […] Come è evidente, i tratti distintivi dell’Olocausto vengono isolati allo scopo di porre l’evento in una categoria completamente separata».

Unicità dell’Olocausto

Quasi tutti noi sappiamo che l’Olocausto è un evento unico, ma in pochi sanno dire il perché. È fondamentale cercare di dare una risposta, altrimenti è come se negassimo l’esistenza dell’Olocausto. Per esempio, l’autore Steven Katz nel suo libro intitolato “The Holocaust in Historical Context” afferma che:

«L’Olocausto è fenomenologicamente unico in virtù del fatto che mai in precedenza uno Stato si era proposto, come una questione di principio e di programma politico, l’annientamento fisico di ogni uomo, donna e bambino appartenente a un determinato popolo».

Secondo Edward Alexander, la rivendicazione dell’unicità dell’Olocausto è una rivendicazione dell’unicità degli ebrei. Il fatto che gli ebrei abbiano sofferto ha reso unico l’Olocausto. L’Olocausto ha così segnato l’apice dell’odio dei gentili nei confronti degli ebrei, infatti, la persecuzione di non ebrei fu solamente accidentale. I gentili odiavano gli ebrei per una questione di invidia, e così l’antisemitismo nacque per queste motivazioni:

«…gelosia e dal risentimento dei gentili dovuti al fatto che negli affari gli ebrei erano migliori dei cristiani […] Un piccolo numero di ebrei di successo irritava un gran numero di gentili di scarso successo».

Solitamente, con il termine “sopravvissuto all’Olocausto” si faceva riferimento a chi aveva vissuto nei ghetti ebraici, nei campi di concentramento e nei campi di lavoro schiavistico. Ciononostante, l’industria dell’Olocausto ha riformulato di nuovo la definizione di sopravvissuto, ma non solo, ha trovato anche una duplice fonte di guadagno nei Paesi europei e nei sopravvissuti ebrei all’Olocausto nazista. Finkelstein, nel libro, afferma che l’industria dell’Olocausto ha gonfiato sia il numero di ex lavoratori schiavi ebrei vivi al termine della guerra sia il numero di quelli ancora vivi oggi.

Il neo-antisemitismo: l’ultimo prodotto dell’Olocausto

Il concetto di antisemitismo classico si basava sulla discriminazione contro la religione ebraica, il neo-antisemitismo in questione si fonda sulla discriminazione contro gli ebrei in quanto persone, e sull’incarnazione di quell’espressione in Israele. Ciò che prima, quindi, era rivolto agli ebrei ora è rivolto a Israele. È necessario combattere questa forma di neo-antisemitismo, promuovendo l’educazione, la memoria e la ricerca sull’Olocausto. In poche parole, Israele è diventato l’oggetto di invidia così come anni fa il singolo ebreo era oggetto di invidia e risentimento. Quindi, coloro che attaccano Israele aprono la strada a
un nuovo Olocausto.

Conclusioni

Finkelstein tende a precisare alcuni aspetti:

«Ne L’industria dell’Olocausto il sottoscritto ha posto una distinzione tra l’Olocausto nazista – lo sterminio sistematico degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale – e l’Olocausto – la strumentalizzazione dell’Olocausto nazista da parte delle élite ebraiche americane. Occorre effettuare una distinzione analoga tra l’antisemitismo – cioè l’attacco ingiustificato contro gli ebrei solo per il fatto di essere ebrei – e l’“antisemitismo” – ovvero la strumentalizzazione dell’antisemitismo da parte delle élite ebraiche americane».

Sempre secondo Finkelstein, l’unica vera lezione dell’Olocausto è quella di dire la verità. Le menzogne dell’industria dell’Olocausto non fanno altro che alimentare la negazione dell’Olocausto stesso.

Platone disse che “non potete mettere a confronto due sventurati e dire quale dei due sia più felice”, così anche la madre di Finkelstein aveva ricordato che “di fronte alle sofferenze degli afroamericani, dei vietnamiti e dei palestinesi, siamo tutti vittime dell’Olocausto”.

 

 

Patricia Iori

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