Se accendiamo la televisione o apriamo Facebook sarà inevitabile passare per qualche notizia sul furbetto di turno. L’altra sera un intero servizio del TG5 era dedicato ad una signora che aveva violato la quarantena per portare a spasso la tartaruga. In fondo tutto il mondo ci guarda come un popolo pittoresco, e di trasgressioni di questo tipo nelle ultime settimane ne abbiamo viste tante. Sono pane quotidiano per i talk show, per le pagine sarcastiche sui social, per le conversazioni in videochiamata con gli amici.
Incolpare i furbetti rende tutto più semplice e comodo. In questo modo abbiamo un responsabile per i numeri delle 18, che giorno dopo giorno sembrano perdere sempre di più il loro senso. Si tratta di scegliere la narrazione semplicistica dello stupido che mette a repentaglio la salute nazionale senza alcun motivo se non la sua stupidità, contro la quale possiamo facilmente accanirci. Più complesso è invece parlare di errori e difficoltà nella gestione dell’emergenza.
Per evitare che la percezione della realtà sia alterata dal comportamento del vicino, o dalle foto sui social, meglio ricorrere ai numeri. L’Istat ad esempio ci dice che tra gli addetti del settore industriale e terziario più della metà va ancora a lavoro nonostante la quarantena.
Secondo i dati del Ministero dell’interno sui controlli di carabinieri e polizia più del 90% degli italiani fermati ai posti di blocco si muove per necessità. La percentuale dei denunciati quindi è in realtà minima, anche se i numeri assoluti dei trasgressori possono spaventare.
L’Istat pochi giorni fa ha fornito dati ancora più importanti, secondo i quali più della metà va ancora a lavoro nonostante la quarantena. Il rapporto conta che, facendo una media tra le regioni, il 55.7% degli addetti industriali e del terzo settore si spostano ancora quotidianamente per raggiungere il posto di lavoro.
In questo caso si tratta di una mobilitazione del tutto legale, che ha numeri ben più rilevanti di quella dei furbetti. Questi dati escludono chi lavora in smartworking, ma anche tutte le aziende che – pur non rientrando esplicitamente nei settori essenziali secondo il DPCM del 22 marzo – hanno ottenuto la possibilità di rimanere attive tramite autocertificazioni. Tra l’altro non sono considerati settori ancora attivi come agricoltura, credito e assicurazione, pubblica amministrazioni e alcuni servizi personali. Deduciamo quindi che la percentuale complessiva di persone che si spostano ancora per raggiungere il luogo di lavoro è molto più alta.
L’Istat ha preso in esame i 7.978 comuni italiani, classificandoli a seconda della percentuale di lavoratori che ancora oggi non possono restare a casa. 2.669 – vale a dire il 33.5% – si trova sopra la media nazionale del 55.7% per numero di persone che lavorano fuori casa.
A livello regionale, la situazione appare particolarmente critica al sud. In Basilicata nel 64.1% dei comuni si supera la media nazionale, in Sicilia succede nel 57.9% e in Calabria nel 56.3%.
Piuttosto interessante è la situazione della Lombardia, che è più di tutte la regione in cui la curva dei contagi continua a non appiattirsi.
Nel comune di Lodi ad esempio sul totale degli addetti industriali e del terziario il 73.2% va ancora a lavoro nonostante la quarantena. Nella provincia di Milano i comuni con percentuali alte di persone che si spostano per lavoro sono tantissimi: Segrate (72.1%), San Donato Milanese (71.9%), Rozzano (71.6%) , Melzo (70.5%) , Mediglia e Peschiera Borromeo (69.6%), Pioltello (69.1%) sono solo alcuni. Nel comune di Milano il 67.1% dei lavoratori del secondo e terzo settore si spostano ancora per andare a lavoro. A Pavia è il 69.5%.
Facendo la media nazionale sappiamo che più della metà va ancora a lavoro nonostante la quarantena. Sappiamo che tendenzialmente gli italiani stanno rispettando le regole. Se quindi guardiamo ai dati della Lombardia – dove sono 1.513 i comuni che superano le media nazionale per lavoratori in quotidiano movimento – viene automatico iniziare ad ascoltare Fontana e Gallera, demonizzatori dei furbetti, con tutt’altro punto di vista. Se più in generale poi guardiamo alla curva contagi e a quella dei tamponi, scopriremo che dietro la narrazione semplicistica dei furbetti c’è molto di più.
Marika Moreschi