“Non mollare!” racconta un personaggio del passato attraverso un futuro che non ha mai vissuto
Per quanto ci illudiamo di poterlo conoscere, il passato non finisce mai di fornirci nuovi spunti per capire il presente, risposte valide per i problemi che lo tormentano, e nuovi aneddoti su figure su cui ci sarebbe piaciuto mettere una pietra sopra. È il caso di Gaetano Salvemini, storico e politico italiano ostinatamente antifascista, nato l’8 settembre 1873 a Molfetta.
Nel docu-film intitolato “Non mollare!”, Salvemini ritorna nella sua Molfetta dopo una vita vissuta altrove: prima a Firenze per l’università, poi in varie parti d’Italia come professore e politico, in Francia come esule, e di nuovo a Firenze, dove è sepolto. Il documentario si svolge nella sola giornata dell’8 settembre, quando Salvemini è a tutti gli effetti un fuorisede che torna in treno nel suo paese d’origine e non lo riconosce più, come non lo riconoscono i suoi abitanti. Così si aggira per le strade come un fantasma, ripercorrendo da un lato le tappe della sua vita privata attraverso i ricordi della sua vecchia casa, e dall’altro quella della sua lotta politica, che non ha mai dimenticato il Sud dal quale è emigrato.
Chi era Gaetano Salvemini: dalle origini contadine ad Harvard
Gaetano Salvemini era il primo di nove figli di una famiglia contadina, e riesce ad avvicinarsi agli studi grazie a uno zio prete, che gli insegna a leggere e a scrivere, e poi grazie al seminario, all’epoca l’unico modo di formarsi per i giovani di umili origini.
Grazie a una borsa di studio di 60 lire al mese, riesce a laurearsi in Lettere a Firenze. Durante gli anni dell’università forma anche la sua personalità politica, iscrivendosi al Partito Socialista Italiano e pensando sempre di più al suo Sud. Salvemini pensa che il federalismo sia l’unica soluzione per risolvere la questione del Mezzogiorno e delle grandi differenze che lo separano dal resto dello stivale. Il 1925 è un anno cruciale, perché firma il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce, confermando la posizione antifascista che aveva già immediatamente dichiarato alla venuta di Mussolini. Ma anche perché fonda il primo periodico antifascista che sia mai stato concepito in Italia, intitolato proprio “Non mollare!”.
Il docu-film si sarebbe potuto intitolare “Il crepuscolo”, dato che questa era una delle proposte avanzate per il titolo del periodico. “Non mollare” non voleva tanto essere un quotidiano di informazione, quanto un modo per ribadire il carattere assoluto alla libertà di pensiero, di fronte a quello contingente di un governo restrittivo. Il giornale cessa le pubblicazioni nello stesso 1925, dopo solo ventidue numeri, per la soffiata di un tipografo.
E così, dopo l’arresto, Salvemini trova rifugio prima in Francia e poi negli Stati Uniti,
dove diventa Professore di Storia della civiltà italiana ad Harvard e ottiene la cittadinanza statunitense. Per i suoi alunni americani scrive “Origini del fascismo in Italia”, dove spiega il fenomeno del Fascismo in modo che un non-italiano potesse capirlo, con il tono meno polemico possibile.
Com’è nata l’idea di un “progetto collettivo”
Nel 2023 ricorrono i 150 anni dalla sua nascita, e ciò ha motivato tre professionisti in diversi settori a collaborare per la creazione di un docu-film che ripercorresse la vita e la battaglia politica dell’intellettuale pugliese. Si tratta di un’idea dell’attivista pugliese Gabriele Vilardi, realizzata dalla sceneggiatura della giornalista Tiziana Barillà e dalla regia di Emiliano Barbucci, con la collaborazione di due case di produzione bolognesi, Bo Film e Smk Factory. Chiunque può contribuire alla campagna di crowfunding aperta dal 15 marzo al 15 maggio 2021, e sarà ricompensato con l’inserimento del suo nome nei titoli di coda, oltre che da vari regali a seconda dell’entità del contributo.
La campagna, necessaria per la realizzazione del progetto, è stata pensata per testimoniare quanto l’eredità di Salvemini debba essere un bene collettivo, e quanto, allo stesso modo, possa essere rivendicata come tale. E rivolto alla collettività è stato l’interesse politico e culturale di un “intellettuale ancora attualissimo e troppo presto caduto nel dimenticatoio”.
Francesca Santoro