Pittore interprete del disagio moderno, Andrè Derain propone una nuova poetica che risente delle suggestioni ancestrali primitive e allo stesso tempo dei nuovi aneliti delle prime decadi del Novecento.
Attinge al linguaggio eterno dell’infanzia e lo traina nell’universo nell’Avanguardia. Testimone di una svalutazione del valore intrinseco della pittura a vantaggio dell’impressione, si farà paladino di una ri-contestualizzazione dell’arte nell’alveo del senso perduto della “melodia”, della forma, della luminosità del colore.
Derain avverso all’Impressionismo, deputato a parere suo, l’artefice dello svilimento “del vero colore per il colore visibile”, ricercherà quanto vi è di eterno e duraturo. Il colore diventa nuova materia, una panoplia di effetti luminosi di tinte dense e corpose, che ascolta e segue un’armonia ancestrale. L’ombra viene bandita e viene dato ampio spazio al vitalismo cromatico. Qui il collegamento con l’idea di arte di Matisse. Al Salon d’Automne nel 1905 la gabbia dei “Fauves” viene espone le sue opere: Matisse, Derain, Vlaminck, Marquet.
Successivamente l’interesse di Derain si sposta sulle arti popolari e sul sentire dei “primitivi”, nel senso di “umanesimo” in senso lato da Paolo Uccello a Biagio d’Antonio, da Rembrandt a Delacroix. Senza limiti la sua mente approda alle culture orientali, selvagge in questo viaggio culturale alla ricerca dell’essenza umana. Ne accoglie il linguaggio plastico, la semplicità espressiva e il prevalere istintuale rispetto alla ragione. Derain sulla scia di un senso di libertà e di un desiderio di semplificazione formale eseguirà alcune sculture che riprendono un figurativismo arcaico africano. All’esasperazione di questa fase pittorica asserirà: “il vero artista è un uomo incolto”. Derain si schiera dalla parte dell’istinto a scapito del raziocinio. Assembla elementi naif e progressivi all’unisono.
Nella fase finale della sua carriera ritorna a un figurativismo composto (“ritorno all’ordine”), condizionato dalla comune inversione di rotta degli artisti negli anni trenta. Il conflitto mondiale ha destabilizzato le coscienze che aspiravano a un senso di sicurezza e certezza.
Derain esegue dei ritratti neoclassici di sua nipote, Geneviève e negli anni quaranta la sua fortuna comincia a declinare e si ritirerà in isolamento nella sua casa-studio di Chambourcy.
Costanza Marana