Roma, 12 maggio 1977, tardo pomeriggio. Sono gli” anni di piombo “, gli anni del piombo. A Roma quel giorno c’è una manifestazione voluta dal partito radicale e da Autonomia Operaia, per ricordare la vittoria del referendum sull’aborto di tre anni prima. Francesco Cossiga, all’epoca dei fatti ministro dell’interno, vieta da giorni di manifastare, ma Marco Pannella non ci sta ed organizza un Sit in pacifico in Piazza Navona. Il clima è teso, quelli sono anni tesi, sono gli anni della strategia del terrore, gli anni in cui Pinelli volo’ dalla finestra, gli anni della rivolta del carcere di Alessandria (6 morti), degli scontri di Battipaglia (2 morti e 200 feriti), la bomba alla fiera di Milano, la stage a Piazza Fontana (17 morti), l’attentato alla freccia del sud, l’omicidio di Pier Paolo Pasolini e purtroppo la cosidetta strage di natale. Solo per citare qualche avvenimento. Erano gli anni successivi a quella rivolta che non sfociò mai in rivoluzione erano gli anni della reazione. Iniziano dei tafferugli, poi si sentono degli spari. Una studentessa di 18 anni viene colpita all’addome e rimane a terra. La corsa inutile in ospedale. Giorgina Masi, conosciuta da tutti come Giorgiana, perde la vita. Era lì con il fidanzato Giorgiana Masi, era lì in una delle piazze più importanti della capitale della civile repubblica italiana, era lì a manifestare (diritto sancito dalla costituzione ) eppure ha perso la vita. Cos’è successo? A cadenza regolare , il regime democratico italiano colpisce. Lascia a terra qualcuno in modo che si ricordi che è bene non abbassare mai la guardia, e che, è triste dirlo, ma probabilmente a gran parte degli italioti, non è andata ancora giù la liberazione, non la volevano, non l’hanno chiesta. Basti pensare ai vari tentavi fatti nel corso degli anni per far cadere questa cosa che chiamiamo repubblica democratica, in nome della quale hanno perso la vita tante persone, come ad esempio il Golpe Borghese. E da allora non è mai finita, lo dimostrano la proliferazione di partiti e movimenti fascistoidi che come un tarlo scavano le fondamenta della nostra costituzione. Giorgiana è vittima dello Stato, che in un primo momento addirittura aveva paventato che si dovessero cercare le responsabilità tra i manifestanti, si era parlato di” fuoco amico.” In un secondo momento poi, si era tentato di accusare il fidanzato di Giorgiana, perché quest’ultimo aveva tentato, affranto dal dolore, di suicidarsi. Si parlò allora di “infiltrati“, appartenenti alle forze dell’ordine che in borghese, avrebbero esploso il colpo fatale. Nella stragrande maggior parte dei casi, in qualsiasi manifestazione esistono questi figuri, e nella quasi totalità dei casi, non agiscono di loro volontà, ma, il loro braccio è armato da altri, eseguono ordini. Pannella accusava Cossiga di essere il responsabile morale della morte di Giorgiana, di rimando il ministro accusava Pannella perché non avrebbe dovuto disobbidire e manifestare. L’assassino di Giorgiana ad oggi è ignoto, il mandante probabilmente no. Nel 2008, riferendosi al movimento dell‘Onda che protesta va contro la riforma dell’allora ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini, Cossiga intervenne dicendo che siccome la protesta era partita dagli atenei, bisognava partire da lì per stroncarla sul nascere, ed infine dichiarò :«In primo luogo lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni rimanesse ucciso o gravemente ferito (…) Lasciar fare gli universitari. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì»
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