Non chiamatele fake news.
Il titolo del libro edito da Chiarelettere è un avvertimento: Trump ha utilizzato questa definizione per screditare e attaccare i media. Non chiamatele fake news quindi, perché non si tratta soltanto di informazioni errate. Si tratta di vere e proprie armi, strumenti per confondere e manipolare l’opinione pubblica e il pensiero.
Valentina Petrini ce lo spiega molto chiaramente, imboccandolo quasi, come si usa dire, con il cucchiaino.
La giornalista non si pone affatto come entità giudicante, non punta il dito su questo o quell’altro fatto. Piuttosto i fatti li prende e li analizza, ne verifica le fonti, ne cerca prove tangibili, li conferma o li smentisce concretamente, non con delle opinioni personali. Il libro si avvale anche di un contributo di David Quammen, autore di Spillover, testo che analizza il salto di specie dei virus e le loro modalità di diffusione.
Giornalista e conduttrice televisiva con una lunga gavetta alle spalle, la Petrini inizia proprio dalla sua esperienza.
Racconta il passato professionale, le modalità di lavoro, i successi ma anche gli errori e le sconfitte. In questa maniera il lettore riesce a toccare con mano il giornalismo, questa professione ormai tanto screditata e quasi identificata con la fonte di tutti i mali.
“Questi giornalisti…” é spesso l’incipit di una frase che finisce male. Ma la responsabilità, purtroppo, é anche di alcuni di essi, che spesso finiscono per essere identificati con l’intera categoria. In Non chiamatele fake news Valentina Petrini tocca argomenti caldi. Si va dall’emergenza climatica agli immigrati, fino ad arrivare al grande protagonista del 2020, il Coronavirus, senza tralasciare la questione dell’informazione diffusa attraverso internet ed i social network.
Senza mai tradire il proprio stile, l’autrice va fino in fondo.
Eviscera ogni tema con una precisa cronologia, il report dei documenti ufficiali, gli interventi degli esperti in materia che, come specifica, non divulgano opinioni, ma fatti verificati. Si va così a ritroso a quei momenti che abbiamo vissuto nel primo lockdown: le dichiarazioni di Burioni, il video del TG3 Leonardo e tutti quelli che abbiamo trovato su Facebook o ricevuto attraverso WhatsApp. Però questa volta li guardiamo con occhi diversi, consapevoli. Questo perché Valentina Petrini ce ne chiarisce premesse e risvolti:
Non chiamatele fake news, ma disinformazione. […] Nulla è casuale. Tutto è funzionale al controllo delle masse, alla loro profilazione, per indurle all’azione.
Mariarosaria Clemente