Non c’è nessuna invasione africana e non sappiamo raccontarlo

invasione africana migranti vengono espulsi dai centri di accoglienza

Negli ultimi anni, il dibattito pubblico in Italia è stato dominato da una questione che molti definiscono “invasione africana”. Questa espressione ha alimentando discussioni politiche accese e sollevando interrogativi sulla percezione e la rappresentazione dell’immigrazione africana nel paese. Tuttavia, è fondamentale andare oltre le semplici etichette, analizzare i numeri e cercare di comprendere i complessi fattori che influenzano questo fenomeno e il modo in cui viene narrato nei media e nella politica italiana.

Nel 2023, mentre Giorgia Meloni e Matteo Salvini sollevano l’allarme sull’invasione di migranti in Italia, è importante guardare oltre le cifre e riflettere sulla narrativa che sta plasmando il dibattito politico. Al giorno d’oggi, i migranti sbarcati in Italia rappresentano appena lo 0,21% della popolazione totale, ovvero circa 125.000 individui su oltre 58 milioni. Tuttavia, in un Paese che lotta contro il declino demografico, questa minoranza ha assunto proporzioni distorte nella narrazione pubblica, portando a una parola che dovrebbe suscitare riflessione: razzismo.

La recente ondata di migranti a Lampedusa ha innescato un dibattito politico divisivo tra il governo di destra e il Partito Democratico (PD) di sinistra. Il primo accusa l’Europa di non rispettare le quote di accoglienza dei migranti, mentre il secondo critica il governo per gli accordi con dittatori africani e il fallimento nella gestione migratoria. Tuttavia, questa accusa è ipocrita, poiché i governi PD precedenti avevano siglato accordi con governi corrotti per contenere i flussi migratori, chiudendo un occhio sui loro comportamenti ambigui.

Il supporto italiano a dittatori africani come Omar al Bashir e il generale Mohamed Hamdan Dogolo (Hemedti) in Sudan ha contribuito a creare un caos ancora maggiore in quei paesi. L’Italia ha fornito aiuti militari e finanziari, rendendo queste milizie più potenti. Questo supporto ha anche permesso a Hemedti di scatenare una guerra civile in Sudan, causando devastazione e sofferenza.

Tuttavia, ciò che rende questa situazione ancora più inquietante è l’assenza di voci africane nei media italiani. Nonostante la presenza di migranti africani in Italia da quasi due decenni, solo il 2% delle notizie nei media italiani riguarda l’Africa, secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio di Pavia nel 2019. Quando si parla dell’Africa, sono sempre i bianchi a farlo, citando fonti occidentali, senza mai coinvolgere direttamente le voci africane.

Questa tendenza è radicata nel razzismo eurocentrico, ereditato dal colonialismo, che persiste nella mentalità occidentale. La narrativa dell’immigrazione africana si basa spesso su valori occidentali ipocriti, che non rispecchiano necessariamente le prospettive delle popolazioni africane. L’informazione diventa tossica quando viene filtrata attraverso un’ottica razzista o quando si idealizza l’Africa secondo il mito del “buon africano”.

Un altro problema è l’abitudine di individuare cause esterne per i problemi dell’Africa, ignorando le cause autoctone. Questo atteggiamento è razzista perché colloca gli africani in una posizione di passività, come se non avessero un ruolo nella loro stessa storia. La narrativa dominante sull’Africa spesso dipinge l’Occidente come i “buoni” e Russia e Cina come i “cattivi”, ignorando le proprie responsabilità e i propri errori.

Per cambiare questa narrativa tossica, dobbiamo dare spazio alle voci africane, alle prospettive locali e alle analisi informate. Solo allora potremo iniziare a comprendere appieno la complessità dell’immigrazione africana e abbandonare i pregiudizi che ci impediscono di vedere la realtà per quello che è veramente.

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