Nomadi Digitali: nasce Plumia, la prima città per i lavoratori in remoto

Immagine disegnata da Freepik

Nomadi digitali: chi sono

Il “nomadismo digitale” non è una novità: in molte community se ne parla da anni, ma è rimasto un tema di nicchia fino all’emergenza Covid-19.
La pandemia ha costretto a valorizzare gli strumenti per il lavoro a distanza. Ciò ha dato la possibilità ai nomadi digitali, per la prima volta, di abbattere le barriere geografiche, e di proporsi come professionista per realtà collocate ovunque nel territorio, permettendo a chi viveva in territori dove la sua figura professionale non era richiesta di trovare un lavoro, e a lavoratori “sprecati” in collocazioni lavorative senza prospettive di crescita di “migrare” in posti di lavoro più stimolanti ed idonei (si pensi al fenomeno italiano del Southern Working).

nomadi-digitali
Immagine fornita da freepik

La visione dell’attivista Razavi

L’attivista e scrittrice Lauren Razavi dichiara al magazine “The next web”:

“ Ora che le persone hanno sperimentato i vantaggi del lavoro a distanza, non sarà facile riportarle in ufficio […] Amici che non avrebbero mai pensato di vivere all’estero prima della pandemia ora stanno considerando uno stile di vita nomade. Sembra che stia iniziando una nuova era della mobilità globale.”




Nomadi digitali: un fenomeno in crescita e che coinvolge la “upper class”

Il numero di nomadi digitali, oggi, è di 35 milioni di persone, una cifra pari alla popolazione del Canada, e con un potere d’acquisto tale che, se fossero i cittadini di una Nazione, il PIL raggiungerebbe quasi quello dell’Arabia Saudita o del Portogallo, come da ricerche della giornalista Leanna Lee.

Il potere d’acquisto dei Nomadi Digitali, spesso in movimento in tutto il mondo, ha convinto molti paesi con un’economia basata sul turismo a “digitalizzarsi”, dall’Europa dell’Est ai Paesi tropicali: vi è un vero e proprio “corteggiamento” verso i turisti “nomadi digitali”, tramite la creazione di servizi, tra cui una rete wi-fi eccellente.

L’Estonia, ad esempio, è un paese all’avanguardia sul tema della digitalizzazione, e ha digitalizzato il 99% dei suoi servizi governativi.

Nomadi digitali: attivismo e “diritti”

Esistono dei “diritti” per questi “nuovi cittadini”?

“Internet ha globalizzato e digitalizzato così tanti aspetti della vita, come le banche, il car sharing e la consegna di cibo, ma i governi devono ancora recuperare”

Dichiara Razavi, e insieme ad altri attivisti chiede ai governi di ridefinire il loro ruolo nella regolamentazione del “lavoro nomade”.

Plumia, una nuova nazione digitale per i lavoratori “nomadi”

E’ in programma la nascita di un “Paese – Internet” chiamato Plumia, nato dall’iniziativa dell’agenzia di viaggio per Nomadi Digitali “SafetyWing”, e basato su tecnologie decentralizzate e che ha il ruolo di mediare con le Istituzioni dei Paesi “fisici”.

“ Plumia è un collettivo di oltre 1.000 lavoratori remoti e nomadi digitali – dichiara Razavi – che si sono uniti per reimmaginare come potrebbero essere la mobilità globale e le strutture di governance nel 21° secolo” .

Volontari all’opera per fornire servizi ai nomadi digitali

Plumia, permetterà a tutti di diventare cittadini digitali, e dei suoi volontari  lanceranno iniziative per migliorare la vita dei cittadini digitali e per fornire dei documenti di “cittadinanza”, per certificare l’identità di digitale e permettere ai cittadini di rispettare le complicate leggi fiscali, diverse da nazione a nazione.

Anche gli imprenditori illuminati dalla parte dei nomadi digitali

Molte start-up. come Jobbatical, Remote e Oyster stanno cooperando molto all’integrazione dei lavoratori digitali, perché gli unici vincitori di questo cambio di prospettiva non sono i lavoratori, ma anche gli imprenditori.

Nath “Irriverender” Bonnì

fonte principale: The Next Web 
le immagini sono state fornite da freepik
Exit mobile version