NOF4, acronimo di Fernando Oreste Nannetti, arriva al manicomio di Volterra nel 1958. Con ostinata pazienza, qui incide il suo “libro di pietra”: un capolavoro dell’Art Brut.
Volterra, 1958. La grande porta del manicomio di San Girolamo, che possiamo immaginare esser fatta per la metà superiore di vetri infrangibili, si apre per NOF4, acronimo di Fernando Oreste Nannetti. Romano, figlio di Concetta Nannetti e di padre ignoto, quest’uomo “spinaceo e con il naso a Y” viene ricoverato dapprima al padiglione Ferri e poi allo Charcot, dove sconta tra i pazienti “pericolosi” una pena di due anni.
Identificato con la matricola numero 4, il Nannetti non è nuovo al mondo degli istituti. La sua epopea inizia nel 1934 quando, a soli sette anni, viene affidato ad un ente di carità; successivamente è ricoverato all’ospedale Carlo Forlanini di Roma per una patologia scheletrica. Sappiamo che riuscì ad ottenere la licenza elementare e che, per cause ignote, venne accusato d’oltraggio ad un Pubblico Ufficiale all’età di ventuno anni. A questo fatto conseguì il suo internamento presso il manicomio romano Santa Maria della Pietà, dove restò fino al suo trasferimento nel volterrano.
La scrittura
Introverso e taciturno, al Ferri il Nannetti stringe amicizia con il muro esterno dell’edificio. Un muro sul quale, giorno dopo giorno, definisce uno spazio nel quale incide accuratamente il proprio diario. Con la fibbia metallica della giacca della propria divisa da ricoverato, NOF4 graffia ostinatamente l’intonaco con disegni, parole, forme geometriche. Talvolta, la sua scrittura sulla parete scontorna le sagome di quanti, nelle ore d’aria, lì poggiavano la testa.
Imperscrutabile, l’opera di NOF4, secondo la lettura di Trabucchi, narra la vita dell’Autore: il suo viaggio omerico verso Itaca; la sua famiglia: fratelli e sorelle d’elezione; la meraviglia per l’astronomia e la tecnica: “ingegneria mineraria del sistema mentale; lo sgomento per le brutture di un mondo calpestato dal “passo chiodato” della guerra.
Grafico metrico e mobile della mortalità ospedaliera: 10% per radiazioni magnetiche teletrasmesse, 40% per malattie varie trasmesse o provocate, 50% per odi e rancori personali provocati o trasmessi.
Ogni pagina scavata nella calce scandisce, per l’Artista, il tempo lento del manicomio, tentando di assegnare un ordine al fluire ininterrotto dei giorni vuoti.
La svolta
Al fine di valorizzare l’incisione del Nannetti, L’Usl 15 di Volterra chiede l’intervento dello scultore Mino Trafeli. Costui, con l’aiuto dell’infermiere Aldo Trafeli e del fotografo Pier Nello Manoni, nel 1985 pubblica il volume N.O.F.4 Il libro della vita. Saggio che Antonio Trabucchi celebra, il 19 settembre dell’anno seguente, anche sulle pagine de L’Espresso.
Mi ero sempre ripromesso di andare a vedere l’opera dal vivo senza mai trovare il tempo per farlo. Ma ora che lo scritto di Nannetti mi è capitato tra le mani in forma di libro di carta, non ho potuto fare a meno di recarmi a Volterra per vedere dal vero il “libro di pietra”: quello che in undici anni di manicomio Nannetti Oreste Fernando ha scritto sulla superficie che recludeva la sua persona fisica.
(Antonio Trabucchi)
L’ ingente somma di denaro che consegue alla divulgazione del testo viene corrispettivamente offerta al Nannetti, il quale la rifiuta. La sua opera, infatti, non è un prodotto ma un sacrario; un altare dinnanzi al quale continuerà a recarsi anche da uomo libero.
Un capolavoro dimenticato
Il graffito del Nannetti si estendeva, originariamente, su una superficie di 180 x 2 mt. Egli vi lavora dal 1961 al 1972, anno in cui viene dimesso dal manicomio per essere ospitato, con un mantenimento da parte del comune di Roma, presso l’Istituto Bianchi di Volterra. Qui resterà fino alla sua morte avvenuta, all’età di sessantasette anni, il 24 novembre 1994.
A seguito dall’entrata in vigore della legge n.180, il manicomio di San Girolamo si trova in stato d’abbandono; e con lui anche il monumento del Nannetti, che grida -dimenticato- tra le sterpaglie. Un calco dell’opera, invece, è esposto all’interno della collezione del museo di Art Brut di Losanna. Un patrimonio da riscoprire è l’eredità di NOF4: “farfalla libera”, “colonnello astrale”; forse, soltanto un uomo a cui la malattia ha dato quanto la vita gli aveva tolto.
Federica Setti