La7. Di Martedì. Ci sono Floris e Salvini. Prima Salvini si ci parla delle regioni che stanno facendo uno sforzo straordinario (Lombardia, Veneto, Sardegna, Calabria, Umbria, guarda caso cita quelle governate da loro), poi viene incalzato da Floris sulle misure economiche. Chiede un commento su quanto fatto e, ovviamente, cosa ha in mente la Lega.
Salvini inizia. Fiume in piena, ringrazia tutti: contadini, industriali, famiglie, agenti di commercio. Poi inizia a parlare da papà. Dice che aiuta a fare i compiti. E che, a proposito, ha chiesto alla Rai di fare lezioni per gli studenti. Floris, che i suoi polli li conosce, allora lo guarda e sorridendo gli fa: “Senatore, ecco, a proposito di matematica, dove li troviamo i soldi?”. Attimo di silenzio. Salvini sbarra gli occhi: “Per fare questo? Questo è gratis!”. Riprova a svicolare la domanda. Floris ormai ride. “Guardi che io le chiedevo i soldi per la ripartenza…”. Salvini pietrificato: “Ah…in Italia?”, “Si, in Italia. Prego”. Inchiodato, deve rispondere. “In Italia, in Italia, in Italia…chiederei i soldi agli italiani, un prestito, buoni del tesoro, come per il dopoguerra”. Floris chiude: “Grazie, ne parleremo”.
In nove minuti di intervista, alla cosa più importante che ci si aspetta da un partito (proposte) Salvini, tra mille tentativi di elusione, ha dato quaranta secondi scarsi. Scarsi. Tirando fuori un’idea di altri (Cottarelli e Draghi). E spiegandola anche malino (nel dopoguerra le emissioni di buoni del tesoro vennero emesse soprattutto per combattere l’inflazione e assorbire la liquidità).
Sapete allora cosa?
Che poteva andarci peggio.
Perché queste proposte Salvini, a quest’ora, poteva farle non dal salotto di Floris.
Ma a reti unificate da Palazzo Chigi.
Leonardo Cecchi