Il giornalismo è un mondo in crisi, o meglio soffre quella crisi da cui è pervaso tutto il mondo. Questo mestiere diventa sempre meno credibile agli occhi dei più e nella maggioranza dei casi si tratta di suicidio. Casi come ad esempio quello di Giorgio Carbone, glorioso membro della redazione di Libero che continua a distinguersi per un uso inappropriato e violento delle parole. L’occasione questa volta è stato l’esordio sulla Rai di una fiction dedicata alla figura di Nilde Iotti.
L’articolo titola “Hanno riesumato Nilde Iotti” e poi prosegue con un breve ritratto della donna in questione. La parole esatte: “Era facile amarla perché era una bella emiliana simpatica e prosperosa come solo sanno esserlo le donne emiliane. Grande in cucina e grande a letto. Il massimo che in Emilia si chiede ad una donna”.
Per rispondere a Giorgio Carbone basterebbe ricordargli che ad una donna si può e si deve chiedere molto di più, specialmente se parliamo di una rappresentante del popolo. Nilde Iotti è stata per tre volte consecutive presidentessa della Camera dei deputati e ha fatto parte della Commissione dei 75, ossia ha scritto in primissima persona la Costituzione.
Non è oggi, nel 2019, che la Iotti riceve il primo commento misogino e sessista. Nel 1948 venne scoperta la sua relazione con Palmiro Togliatti, leader comunista già sposato e con un figlio, che gli valse la nomina dell’amante raccomandata. Eppure furono i suoi avversari politici della Democrazia cristiana e sceglierla per la terza volta come presindetessa della Camera, premiandone la competenza nel ruolo istituzionale.
Nilde Iotti è una delle prime donne della politica italiana ed europea. Come tale è quindi anche una delle prime a simboleggiare tutto ciò che in Emilia non si chiedeva ad una donna. La Iotti riuscì a distinguersi per l’intelligenza politica che le permetteva di essere imparziale, educata e critica.
Nel 1969 entrò nel Parlamento europeo e lì fu una delle più forti sostenitrici del suffragio diretto per l’elezione degli organi dell’Unione. Fu candidata nel ’92 come Presidente della Repubblica e si ritirò dalla politica solo poco prima della sua morte, nel 1999, per problemi di salute.
Non le è dedicato molto spazio però nei libri di una scuola ancora configurata in un’ottica patriarcale e colonialista. Forse anche per questo motivo ci troviamo ancora nel 2019 a dover difendere la sua vera storia, per ribadire che non si trattava di una donna emiliana brava a letto ma di una Madre costituente che ha disegnato l’Italia e l’Europa.
La difesa della storia repubblica e del genere femminile di cui associazioni, giornalisti e cittadini si sono voluti far portavoce ha quantomeno prodotto dei risultati. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha affermato di non approvare quanto pubblicato dal quotidiano Libero e di aver indirizzato il testo ai consigli di disciplina, che prenderanno provvedimenti.