Nicola Pende e l’eugenetica italiana: l’utopia dell’ortogenesi

Nicola Pende

Con la complicità della scienza e della Chiesa, anche il regime mussoliniano mise a punto un piano per la selezione dei migliori. La formazione di una generazione fascista forte e numerosa era l’obiettivo cui puntava Nicola Pende. L’ ortogenesi il mezzo.

Sull’idea dell’evoluzione di Charles Darwin (1809-1882), nel Novecento prese piede l’idea per cui fosse possibile dirigere lo sviluppo della specie umana. Al contempo, si fece strada anche la teoria dello psichiatra Bénédict Augustin Morel (1809-1873), per cui la malattia rappresenta il sintomo della regressione. “Degenerati”, quindi, erano gli individui incapaci di stare al passo con il progresso; tarati, sterili, deformi: l’inciampo al potenziamento della “razza”. In un simile orizzonte getterà le radici anche l’utopia di Nicola Pende.

Il razzismo che nasce dalla psichiatria di quest’epoca è il razzismo contro l’anormale, il razzismo contro gli individui che, in quanto portatori di uno stato, di uno stigma, di un difetto qualsiasi, possono trasmettere alla loro discendenza, nel modo più incerto, le conseguenze imprevedibili del male, o piuttosto del non-normale, che recano in sé. (Michel Foucault)

Eugenetiche

Su questi assunti la Germania nazista istituì il proprio disegno eugenetico, di cui l’operazione AktionT4 rappresentò il primo atto. Si trattava di un progetto di carattere puramente qualitativo, teso a sterminare gli inabili, vite prive di valore. Al contrario, il regime di Mussolini, che puntava ad aumentare la popolazione, pensò ad un piano essenzialmente quantitativo.  

Signori, l’Italia, per contare qualche cosa, deve affacciarsi sulla soglia della seconda metà di questo secolo con una popolazione non inferiore ai 60 milioni di abitanti.

(Benito Mussolini)

Sia questa necessità che la presenza della Chiesa evitarono, in Italia, il ricorso a pratiche di sterminio su base genetica. Viceversa, il regime fascista salutò con fervore l’ambizioso progetto di Nicola Pende (1880-1970).

Nicola Pende e la scuola ortogenetica

Medico originario di Bari, nel 1926 Nicola Pende fondò a Genova l’Istituto di biotipologia e ortogenesi per lo studio “della crescenza, della biologia e psicologia dell’individuo e della razza”. Avanguardia in campo scientifico, con l’appoggio del regime la struttura si occupò di schedare un campione di soggetti chiamati “biotipi”. Per ognuno di questi veniva redatta una scheda, completa del loro generale stato di salute, che doveva essere sempre aggiornata.  L’obiettivo del progetto, che doveva essere esteso a tutta la Penisola, era quello di riconoscere e raddrizzare gli italiani piegati dai venti di guerra; e ancora di rinnovarne il “valore riproduttivo per la specie”.

Scemi di guerra

La guerra del ’15-’18 aveva compromesso il sistema nervoso di molti tra coloro che vi avevano preso parte. Soldati, ma anche donne lasciate sole, mostravano a quel tempo i sintomi di un disturbo che oggi diremmo “post-traumatico”. Tuttavia, almeno lungo tutta la prima metà del Novecento, l’ordine dei medici escluse che l’evento bellico potesse essere, di per sé, la causa dei malesseri che osservavano. Una tradizionale retorica della guerra, infatti, rese cieca la scienza di fronte ai reali effetti dell’esperienza in trincea.

Fu così che l’origine dei disturbi di questi soggetti venne associata ad un problema di tipo ereditario. Banco di prova dell’equilibrio mentale, si pensò che la guerra portasse  allo scoperto gli individui geneticamente menomati. Così, al timore per la diffusione di malattie come la TBC si aggiunse quello per la salute delle nuove generazioni, figlie degli scemi di guerra.

La propaganda

Questi ed altri argomenti convinsero il fascismo a porre sotto la lente d’ingrandimento la salute del popolo. Se la schedatura proposta da Pende si rivelò inattuabile su di un territorio tanto esteso, il regime riuscì però a mettere in piedi una gigantesca macchina per la propaganda. Tra i protagonisti ricordiamo l’Istituto LUCE, fondato in via autonoma nel 1924.

Trasformato in un ente parastatale nel 1925, quest’ultimo mise in scena filmati che potessero educare gli spettatori alla prevenzione e all’igiene. Nonostante la guerra colpì per lo più la salute degli uomini, nel mirino della campagna finirono le donne. Loro era il compito di generare e crescere la prole fascista, forte e numerosa; loro spettava di curar la casa per renderla linda e sterile.

Eugenetica al femminile

Il fascismo, profondamente maschilista, con l’aiuto della scienza tentò di convincere anche le donne più restie a far figli. Che le gravidanze ripetute potessero preservarle dal cancro oltre ad accrescerne la bellezza erano solo alcune tra le pubblicità sponsorizzate dal regime a favore della natalità. 

Nel frattempo, venne promosso anche il “tipo materno” di Nicola Pende. Caratterizzato da fianchi larghi e da una spiccata inclinazione per le attività pratiche, l’esemplare di donna prolifica era, per il Medico, abbigliatrice di bambole, lavoratrice di fiori e di piume.

Non con la soppressione e la sterilizzazione coatte, ma attraverso l’imposizione di modelli ideali (per lo più femminili), il razzismo biologico attraversò anche l’Italia fascista. L’imperialismo mussoliniano, che fece del “numero” la forza della nazione, volle infatti trasformare il popolo italiano in una grande fabbrica umana di fascisti in serie. 

FEDERICA SETTI

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