C’erano una volta i Washington Redskins, storico team della NFL, Il massimo campionato di football negli Stati Uniti. C’erano una volta, e non ci sono più. Perché dopo un lungo dibattito e varie pressioni la società ha ufficializzato il cambio del nome e dello storico logo, un nativo americano messo di profilo, dopo le tante accuse di razzismo ricevute. Gesto dovuto? A me, personalmente, sembra più la sagra della ipocrisia.
*
Partiamo da alcune premesse. Sì, le minoranze vanno tutelate. No, il razzismo non va accettato. E diciamolo…è quasi commovente che finalmente gli amici statunitensi si rendano conto del prezzo pagato dai nativi americani per la costruzione della più grande potenza dell’era moderna. Posto questo però, il cambio politically correct dei Redskins ha diviso tra chi la ritiene una scelta dovuta e chi, come me, pensa sia l’ennesima ipocrisia.
…It’s the economy…stupid!
James Carville non me ne voglia per la citazione presa in prestito. Ma che sia una compagna presidenziale, o lo sport, il succo è sempre lo stesso: gira tutto intorno all’economia. Il fatto che la decisione arrivi in un momento particolare per la lotta civile statunitense, e soprattutto che sia arrivata dopo la richiesta ufficiale da parte degli sponsor, ha destato più più di qualche dubbio. Tante le minacce da parte degli investitori di tagliare ogni tipo di rapporto con il team qualora fosse rimasto il nome. Una situazione che getta ombra sull’intento morale della operazione, ritenuta da diverse parti invece puramente economica e opportunistica.
Ma ha davvero senso?
Al di la della motivazione della scelta, ha davvero una utilità cambiare il nome di una squadra di football? E’ davvero un qualcosa che può aiutare la lotta contro il razzismo? La risposta, a parer mio, è più no che si. E’ un guardare il dito, e non riuscire a vedere la luna. Più che concentrarsi nel correggere il passato, un passato dove la parola razzismo neanche esisteva, non sarebbe meglio spendere energie per rendere il presente migliore? Anche perché diciamolo…dovessimo cancellare tutti gli errori avremmo un libro di scuola di una pagina. Meglio farne tesoro, imparare, e non ripeterli più.
Ha senso cambiare nomi, abbattere statue, fare i remake di vecchi film usando protagonisti di colore, scavare nella vita di persone e aziende per tirare fuori i vecchi errori quando poi lì dove conta…nella vita di tutti i giorni, nelle decisioni, quelle concrete, nei fatti, nelle normative, nella mentalità delle persone niente viene fatto di concreto? Quando ancora le minoranze non hanno i diritti, la voce, l’importanza che meritano? Che senso ha soffermarsi su una parola e dimenticarsi dei fatti? Rivangare il passato e dimenticarsi di cambiare il futuro? Ha senso nel 2020 usare una parola carica di importanza e significato come razzismo per i Redskins, una squadra di football creata nel 1933? Può davvero cambiare un nome cancellare tutto il dolore sopportato per secoli dai nativi americani o alleviare le sofferenze? La risposta, a parer mio, è no.
Il razzismo è una cosa seria
Il razzismo è un problema serio. Importante. Una piaga che va estirpata. E non si riuscirà mai a farlo sino a quando il termine “razzismo” verrà svuotato dl suo significato. Sino a quando la parola razzismo verrà tirata fuori in futili battaglie mediatiche e non li dove veramente conta, li dove davvero è più pericolosa. Non si estirperà mai sino a quando far cambiare il cast di un film, o il nome dei Redskins, o il vestito di carnevale basterà a placare gli animi. Sino a quando un post di scuse sarà la più grande conquista e basterà a placare le coscienze, sino a quando quello che si dice sarà più importante di quello che si fa, sino a quando il passato conterà più del futuro. Sarà che i “contentini” non li ho mai sopportati…
Beatrice Canzedda