New York: il grafico di Walt Disney che disegnò la linea metropolitana

A New York c’è un’immagine che tutti conoscono. Chiunque abbia mai visitato la città americana è entrato in contatto con una delle rappresentazioni più semplici e, tuttavia, più iconiche del nostro tempo.

New York è un complicato sistema di linee e curve che ripiegano su se stesse. Una città tentacolare e immensa  che implica un sistema di collegamenti estremamente complesso. La metropolitana unisce i punti più distanti nell’area urbana della città, ma la sua natura ha finito spesso per essere assimilata a quella di un labirinto. Fin dagli anni ’70 la Mta, la società che gestisce i collegamenti di metro e bus a New York, ha intuito la necessità di una rappresentazione chiara ed essenziale che aiutasse i passeggeri ad orientarsi nella giungla di linee e deviazioni sotterranee.





Da principio il compito di disegnare i percorsi della metropolitana di New York fu affidato all’italiano Massimo Vignelli. Il designer progettò un piano di illustrazione raffinato e moderno, secondo tendenze minimali. Per Vignelli la mappa doveva essere a tutti gli effetti un diagramma e risultare di facile lettura per le proiezioni geometriche e cromatiche applicate. Ogni linea della metropolitana avrebbe presentato un colore diverso, ogni stazione sarebbe stata indicata da un punto. L’intero progetto si concentrava sulla riproduzione del sottosuolo seppur con evidenti semplificazioni. Per il grafico italiano l’essenza del lavoro di design risiedeva nel comprendere le necessità degli utenti e nell’offrire una risposta quanto più sintetica e diretta.

La popolazione di New York non gradì la mappa creata da Vignelli. In molti lamentarono l’eccessiva astrattezza e la mancanza di corrispondenze realistiche tra il disegno e le forme o le dimensioni dei luoghi in superficie. Per contro il progetto riscosse apprezzamenti nel mondo del design e dell’arte. Dal 2004 la mappa è entrata a far parte della collezione del MoMa e tuttora viene esaltata dai critici la sua purezza formale e l’abile utilizzo delle forme geometriche. In tempi recenti il disegno di Vignelli è stato utilizzato per una riproduzione digitale delle linee della metropolitana trasposta anche in un app per dispositivi mobili.

Michael Hertz, laureato in Belle Arti al Qeens College, dopo aver passato due anni nell’esercito iniziò a lavorare come grafico per i trailer promozionali della Walt Disney. Il padre dell’attuale mappa più consultata al mondo ebbe un’idea geniale. Non era necessario concentrare il lavoro unicamente sul piano del sottosuolo newyorkese, sarebbe bastato sovrapporre al disegno delle linee sotterranee quello della reale pianta della superficie della città di New York. Tutto in un unico livello, simultaneamente sottosuolo e superficie in una soluzione di continuità certamente irreale, ma precisa. La cartina della superficie della città offriva al grafico la possibilità di curare le linee in ogni dettaglio e minima deviazione.

L’operato di Hertz trovò subito un riscontro positivo da parte degli abitanti di New York. I cittadini apprezzarono la funzionalità del disegno che non sminuiva o semplificava le caratteristiche fisiche della città. Entrata in uso a metà degli anni ’70, la cartina di Michael Hertz è tuttora presente sui pannelli delle fermate della metropolitana. Il disegnatore è morto ieri a 87 anni in un ospedale di Long Island, lasciando alla sua città e al mondo un opera indelebile. Se la precedente mappa è, infatti, l’emblema di un insuccesso di pubblico divenuto un trionfo per la critica, quella di Hertz incarna una diversa tipologia di opera visiva.

Qualunque appassionato di serie tv americane o di film ambientati a Manahattan avrà sicuramente incontrato, almeno per un fuggevole attimo, il disegno di Hertz. La mappa del grafico americano è entrata così in profondità nella vita quotidiana di New York da risultare ormai un iconica rappresentazione dei collegamenti tipici delle città contemporanee. Corrono sulle stesse linee dei trasporti sotterranei alcune di quelle storie che ci raccontano l’America.

Paolo Onnis

 

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