Neve Shalom Wahat al-Salam è il nome prima in ebraico, poi in arabo di un villaggio a ovest di Gerusalemme dove Israeliani e Palestinesi convivono pacificamente. Significa oasi di pace.
Nel villaggio vivono circa una cinquantina di famiglie. Neve Shalom è stato fondato nel 1974 da Bruno Hussar.
Il sogno di Bruno Hussar
Andrè Hussar entrò nell’ordine domenicano nel 1945 e divenne Padre Bruno. Era nato nel 1911 al Cairo, da madre francese e padre ungherese, entrambi ebrei non praticanti. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si trovava in Francia e fu vittima di antisemitismo e persecuzioni che gli fecero prendere coscienza del suo essere ebreo e delle derive razziste. Nel 1953 venne inviato dai padri domenicani a Gerusalemme, per aprire un centro studi sull’ebraismo. Testimone dell’odio tra cristiani, ebrei e arabi cominciò a sognare di creare un luogo, un’oasi di pace
nel quale ebrei e arabi palestinesi vivano nell’uguaglianza, nella pace, nella collaborazione e nell’amicizia.
Bruno Hussar racconta la concretizzazione di quel sogno nella sua autobiografia Quando la nube si alzava – La pace è possibile.
Neve Shalom e il dialogo interreligioso
Bruno Hussar cominciò a parlarne già dagli anni ’60, ma solo nel 1974 il villaggio di Neve Shalom prese vita.
Il vicino Monastero di Latroun gli donò una collina per 100 anni a 25 centesimi l’anno.
Anne Le Meignen fu tra le prime a seguirlo. Sulla collina non c’era nulla, né acqua, né corrente. La prima casa fu una tenda, poi una casetta in legno. Abdessalam Najjar fu il primo a trasferirsi con la sua famiglia. Intervistato dalla pedagogista Federica Filippini racconta come tutto nacque da un dialogo aperto, dove Bruno preferiva porre domande e ascoltare. Quando Bruno Hussar descriveva il villaggio che aveva in mente, lo faceva attraverso immagini di bambini che giocavano assieme, che correvano sulla collina, che salivano sugli alberi. Ma dov’è? Chiese Najjar
Bruno rise e disse: Se tu verrai a vivere qui, questo accadrà.
L’idea di Hussar era che non bastava parlare di pace, ma bisognava viverla, incarnarla nella realtà quotidiana.
Le pratiche di Neve Shalom modello di città del futuro
Così si creò una comunità che liberamente e democraticamente sviluppò il proprio villaggio, partecipando e dialogando insieme.
Neve Shalom ha un proprio sindaco che viene alternativamente scelto tra i membri dei due popoli.
Hanno creato una scuola elementare bilingue, scuola di cui la maggior parte dei bambini viene da fuori.
E’ stata costruita la Dumia, ovvero la casa del silenzio votata alla preghiera desiderata da Bruno Hussar
Uno spazio di Silenzio in cui tutti potranno venire a raccogliersi, dove ogni culto potrà essere reso a Dio, nella fedeltà alla propria tradizione e nel rispetto delle altrui.
Da Neve Shalom è partito il progetto del Centro Pluralistico Spirituale per costruire dialogo e conoscenza reciproca attraverso l’esperienza spirituale individuale.
Dal 1979 è stata creata la Scuola per la pace: lavora con gruppi professionali, donne e giovani ebrei e palestinesi, creando un autentico dialogo egualitario tra i due popoli. Attraverso workshop, programmi di formazione e progetti speciali, la Scuola per la pace vuole sviluppare il pensiero critico, la consapevolezza dei partecipanti sul conflitto e sul loro ruolo in esso, consentendo loro di assumersi la responsabilità di cambiare le attuali relazioni tra ebrei e palestinesi.
Dopo il 7 ottobre
In tutto il mondo c’è stato interesse per come il villaggio di Neve Shalom stia affrontando il genocidio a Gaza.
Neve Shalom ha aderito a numerose iniziative per chiedere il Cessate il fuoco, ma come raccontano gli educatori di Neve Shalom è un periodo in cui anche solo chiedere il Cessate il fuoco diventa pericoloso, anche parlare arabo in un supermercato lo è. E se da un lato l’attivismo fa parte delle pratiche del villaggio, allo stesso tempo bisogna proteggere le persone che vi abitano e i bambini delle scuole.
Nel villaggio hanno istituito la tenda del lutto per dare un luogo alle persone che hanno perso famiglia e amici per parlare della loro perdita e poter essere ascoltati. Hanno appeso un cartello con le migliaia di nomi di vittime di Gaza, in ebraico e in arabo: è il loro modo di esprimere la resistenza alla guerra.
La repressione di dissenso e pacifismo in Israele
Chiedere la pace oggi è pericoloso. Noam Shuster Eliassi è una comica e attivista cresciuta nel villaggio di Neve Shalom.
Come Bruno Hussar è nata da genitori di diverse nazioni. La madre è nata in Iran, il padre in Romania. Lei israeliana, è cresciuta parlando, amando, ridendo in arabo, ebraico e farsi.
Noam denuncia da tempo la repressione del dissenso alla guerra del governo Netanyahu.
In uno dei suoi video più recenti Noam ha condiviso la storia di una parrucchiera che è stata arrestata a Tel Aviv solo per essersi addolorata per le vittime di Gaza in un post sui social.
In un suo discorso tenuto a Bangkok nel 2015, Noam sostiene quanto sia importante sfidarci a credere che anche il nostro peggior nemico possa trasformarsi
La mia libertà e la tua libertà non possono essere separate, non saranno mai separate.
La sofferenza è viva, le persone continuano a morire, alcuni erano membri del villaggio come l’attivista Vivian Silver.
Ma la speranza a Neve Shalom Wahat al-Salam è una scelta.
Il nuovo anno scolastico inizia, un tappeto rosso è stato steso per gli ingressi dei bambini e gli educatori hanno deciso di scrivere sui social questo messaggio
Anche se gli adulti portavano il peso della tristezza e della preoccupazione, i nostri bambini entravano nelle classi con speranza. Per i nostri figli, per il nostro futuro, aggrappatevi all’ottimismo e al lavoro per rendere questo mondo un posto migliore per loro.La pace è possibile. Può fare piccoli passi, ma noi crediamo nel procedere su questa strada, insieme.