La neurochirurgia è una branca della medicina che si occupa di operare sul cervello qualora fosse bisogno un intervento chirurgico. Dopo alcuni studi praticati su alcuni reperti archeologici di origine Inca si è arrivati ad una scoperta ed una consapevolezza sorprendente. Pare infatti che una delle civiltà più affascinanti ed antiche del Sudamerica praticasse la neurochirurgia con facilità.
Neurochirurgia, i reperti Inca
Secondo una ricerca condotta da David Kushner (un neurologo dell’Università di Miami) insieme a John Verano (un bioarcheologo della Tulane University a New Orleans) e Anne Titelbaum (una bioarcheologa dell’Università dell’Arizona) è emerso quanto i nostri antenati siano stati abili in una delle scienze più complicate in assoluto. Lo studio, pubblicato su World Neurosurgery e citato dalla rivista Focus, spiega l’efficienza con cui gli antichi procedevano alle trapanazioni craniche. Il gruppo di ricercatori inoltre tiene a precisare che il Perù è l’unico luogo al mondo in cui sono stati trovati così tanti reperti archeologici che testimoniano operazioni sul cranio.
Sono stati infatti trovati reperti che si possono classificare in tre gruppi. Il primo è databile tra il 400 e il 200 a.C. circa, comprende la cospicua quantità di 56 teschi. Il secondo gruppo viene datato intorno al 1400 d.C. e vanta la quantità di 421 reperti. Il terzo ed ultimo gruppo è datato tra il 1400 e il 1500 d.C. e comprende 160 teschi provenienti dalla capitale Cuzco.
Il successo
I ricercatori hanno sottolineato il fatto che tutti i resti provenienti da tutti e tre gruppi hanno avuto un margine di successo molto elevato. Ben il 40% degli antichi pazienti provenienti dal primo gruppo sono sopravvisuti. È un dato che è paragonabile alla riuscita delle operazioni condotte durante la Guerra Civile (il 50%). Per quanto riguarda il secondo gruppo la riuscita delle operazioni si stima al 53% per poi finire con un 83% del terzo gruppo. È evidente quindi che nel corso degli anni gli Inca abbiano affinato la loro tecnica che è diventata sempre più efficace.
La percentuale di guarigione e di riuscita delle operazione è verificabile dalle condizioni dei fori sui crani. Se la lesione dell’osso è liscia vuol dire che la ferita è guarita e che il paziente è sopravvissuto per mesi o addirittura anni. Uno dei reperti ha ben cinque perforazioni tutte guarite con successo. Insomma l’abilità Inca, oltre a sorprendere, regala speranza sulla sempre più riuscita di questo tipo di operazioni.
Rebecca Romano