Netanyahu al Congresso tra proteste e ovazioni

Il discorso di Netanyahu al Congresso evidenzia spaccature sempre più profonde nella società statunitense

Netanyahu al Congresso

In un discorso durato quasi un’ora, Benjamin Netanyahu ha ribadito l’importanza strategica dell’alleanza tra Israele e Stati Uniti in Medio Oriente e l’incrollabile volontà del suo governo di non porre freno alle ostilità a Gaza prima della totale disfatta di Hamas. Classe politica e opinione pubblica statunitensi si sono divise di fronte al discorso di Netanyahu al Congresso, mettendo in evidenza una polarizzazione sempre più inconciliabile nel dibattito pubblico americano.

Netanyahu al Congresso: il discorso del premier israeliano a Washington

Per la prima volta dopo l’offensiva di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre scorso, che ha causato la morte di circa 1.200 cittadini israeliani, Benjamin Netanyahu si è recato in visita diplomatica all’estero, non a caso negli Stati Uniti, principale alleato e sostenitore di Israele nell’ambito della guerra nella Striscia di Gaza.

Quello tenuto da Netanyahu al Congresso nella giornata di mercoledì 24 luglio è stato il quarto discorso pronunciato dal leader israeliano a Capitol Hill durante la sua carriera politica. Questo rende Netanyahu il politico straniero che più volte nel corso della storia ha parlato davanti ai deputati e senatori americani.

Nel suo discorso, Netanyahu ha ribadito la comunanza di interessi che lega Israele e Stati Uniti in Medio Oriente, sottolineando come i destini delle due nazioni siano dipendenti dall’esito delle ostilità a Gaza. Netanyahu al Congresso ha affermato che, combattendo Hamas, Israele sta in realtà fronteggiando l’Iran, strenuo nemico di Washington e sostenitore delle milizie islamiste.


Dopo aver ringraziato sia Biden che Trump per il supporto fornito a Israele, il premier israeliano ha confermato la determinazione del suo governo a distruggere definitivamente Hamas neutralizzandone ogni capacità militare. L’obiettivo è dunque una vittoria totale sull’organizzazione politica palestinese, che prevede, tra le altre cose, il salvataggio di tutti gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza (tra cui figurano anche cittadini statunitensi).

Netanyahu ha poi dipinto il conflitto in atto nella Striscia di Gaza come uno scontro tra barbarie e civiltà. La retorica impiegata dal premier israeliano è dunque gravida di nazionalismo e bellicismo, ed è tutt’altro che conciliatoria. Ciò non lascia presagire nulla di buono in relazione alle trattative per un cessate il fuoco permanente a Gaza.

Le reazioni americane al discorso di Netanyahu

Le reazioni della popolazione e della classe politica americane al discorso pronunciato da Netanyahu al Congresso dimostrano ancora una volta le profonde divisioni che lacerano gli Stati Uniti, dove il dibattito pubblico è sempre più polarizzato. Le spaccature interne alla società americana rendono il paese fragile e maggiormente vulnerabile alle offensive delle potenze revisioniste dell’ordine mondiale fondato sulla supremazia americana, ossia Cina, Russia, Iran e Corea del Nord.

L’intervento di Netanyahu al Congresso è stato accompagnato da furiose proteste di migliaia di manifestanti filopalestinesi che si sono radunati nelle strade prospicienti il Campidoglio. Questi manifestanti, definiti ‘idioti’ dal premier israeliano, sono stati dispersi dalla polizia con metodi anche violenti. Non solo: oltre cinquanta deputati democratici hanno disertato il discorso di Netanyahu al Congresso.

Le parole del leader israeliano sono invece state accolte con favore dai deputati repubblicani presenti, espressione di un partito che propugna una linea più dura contro i nemici di Israele. Infatti, è previsto un incontro tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu per venerdì 26 luglio presso il resort di Mar-a-Lago.

Insomma, gli Stati Uniti, la cui credibilità come prima potenza mondiale è stata seriamente messa in discussione dall’attentato contro l’ex presidente Trump e dalla rocambolesca ritirata di Biden dalla corsa elettorale, sembrano sempre più divisi su questioni di capitale importanza per il futuro del paese. E queste spaccature, che appaiono insanabili, minano la leadership di Washington nei confronti dei suoi alleati in ogni parte del globo.

Inoltre, le parole pronunciate da Netanyahu al Congresso paiono allontanare qualsiasi prospettiva di riappacificazione in Medio Oriente in tempi brevi. Senza la disponibilità di Israele a trattare, l’intesa tra Fatah e Hamas promossa da Pechino per un governo unitario al termine del conflitto rischia di essere resa vana da una guerra che non accenna a placarsi.

Pietro Menzani

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