Sono i ragazzi del NEST, sono un gruppo, una comunità che si fa baluardo della “cultura militante”, così lì definì il compianto Ennio Fantastichini, quando affidò a tale realtà un così importante appellativo.
Proprio all’attore la compagnia ha dedicato l’ambito premio “Franco Cuomo international award” nella sezione dedicata al teatro, in una cerimonia tenutasi lo scorso anno in Senato, nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma.
“C’è da fare, si può fare, ne sono certo”
con queste parole, parafrasando il grande e indimenticato drammaturgo Eduardo De Filippo, il NEST (Napoli est teatro) ha ringraziato per il riconoscimento conseguito, ma sappiamo che tanto è stato già fatto.
Quasi dieci anni di militanza, non solo culturale e legata al teatro, ma anche sociale, che ha visto un gruppo di giovani attori (Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino, Adriano Pantaleo, Andrea Vellotti) e il regista e autore Giuseppe Miale di Mauro muovere i primi passi dal quartiere periferico di San Giovanni a Teduccio, nella provincia napoletana, quella provincia che qualcuno non avrebbe faticato a definire difficile e disagiata, ma un po’ come quei “ragazzi di vita” di Pasolini animati dal riscatto culturale, hanno richiamato l’attenzione dei riflettori nazionali superando gli stereotipi di genere, in un’opera di attivismo senza precedenti.
Hanno tolto “manleva” alla strada, reclutando tanti giovani da avvicinare al palcoscenico, sono stati celebrati dalle platee di importanti teatri della città come il Bellini, hanno inaugurato un campo sportivo nel quartiere, hanno collaborato con realtà penitenziarie e con importanti registi della tradizione teatrale partenopea, tra gli ultimi Mario Martone e Vincenzo Salemme, oltre che prendere parte a una serie di laboratori dedicati anche ai più piccoli.
I protagonisti spiegano che l’idea è nata sul set del film La stoffa dei sogni, in cui stavano lavorando proprio con Ennio Fantastichini e Sergio Rubini. Senza grossi fondi e con tanto lavoro di gomito, si sono dati da fare nel recuperare un luogo dismesso, la palestra di una scuola nel cuore del quartiere San Giovanni, dando inizio alla compagine artistica e creando un luogo che ha la suggestione di un sogno.
Nell’ultimo spettacolo, protagonista è stato Vinicio Marchioni (il “Freddo” nella serie televisiva targata Sky Romanzo Criminale) nel ruolo di Dino Campana, nell’opera-monologo La più lunga ora, memorie del poeta, autore dei Canti Orfici, che nello scorso secolo ha vissuto il doloroso esilio in manicomio, trasposto in scena nella suggestione di un fioco raggio di luce che illuminava l’attore e le tavole in legno, dove il buio imbrigliava i confini di una stanza senza uscita: l’agonia soffocante della stanza d’isolamento e della poetica vissuta tra minimalismo e grandiosa interpretazione.
Tra le prossime opere in programmazione Senza Glutine di Giuseppe Tantillo e Se questo è un uomo ( dal famoso saggio di Primo Levi) di Daniele Salvo, e oltretutto c’è da aggiungere che se a Napoli esiste la famosa tradizione del caffè sospeso, non manca qui al teatro quella dell’abbonamento sospeso, altra iniziativa volta ai più bisognosi per un luogo dove anche la tradizione più popolare si fa grande.
Claudio Palumbo