Michele Marsonet
Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane
La democrazia in Cambogia si intreccia con la figura di Hun Sen, primo ministro dal 1998, il quale ha optato per una soluzione dinastica per risolvere le complesse questioni politiche e preservare il proprio dominio.
Il 71enne Hun Sen, primo ministro della Cambogia dal lontano 1998, ha scelto la soluzione dinastica per risolvere i problemi politici del suo Paese e per salvaguardare il suo potere personale. Ha infatti indicato come successore il figlio Hun Manet, 45 anni.
La decisione di Hun Sen è già stata approvata dal re di Cambogia Norodom Sihamoni, sovrano dal 2004, e a sua volta figlio del celebre Norodom Sihanouk. Grande protagonista della politica cambogiana per decenni, e in particolare durante la guerra del Vietnam.
Hun Sen ha una biografia politica particolare. Aderì alla fazione dei Khmer rossi poco più che ventenne, diventando presto un personaggio di spicco nella corte del sanguinario dittatore Pol Pot. Tuttavia nel 1997 fuggì in Vietnam temendo le continue purghe che lo stesso Pol Pot imponeva al Partito comunista cambogiano.
Divenne quindi uomo di fiducia di Hanoi. Quando, nel 1979, i vietnamiti, con l’appoggio sovietico e l’opposizione cinese, invasero il Paese confinante per porre termine al regime dei Khmer rossi, diventò uno dei principali esponenti del governo installato dai vietnamiti assumendo la carica di ministro degli Esteri.
Da allora la sua ascesa fu continua e riuscì a eliminare tutti gli avversari, senza tuttavia staccarsi in modo completo dall’eredità dei Khmer rossi. Anche l’influenza cinese a Phnom Pen è sempre rimasta molto forte. La Repubblica Popolare considera la Cambogia nazione inserita nella sua sfera d’influenza, e mantiene in loco installazioni militari e un’importante base navale.
In realtà la Cambogia ha conosciuto negli ultimi anni una notevole crescita economica e, a un certo punto, sembrava avviata verso il multipartitismo. Soluzione, tuttavia, non gradita a Hun Sen e al suo clan, che ha sfruttato i suoi stretti rapporti con il re per imporre il figlio come successore.
Nonostante le proteste degli altri partiti, l’asse tra premier e Re ha funzionato alla perfezione, favorendo per l’appunto la successione “dinastica”. Molte le accuse di brogli elettorali, poiché il partito di Hun Sen, a dispetto dei sondaggi, si è assicurato ben 120 dei 125 seggi dell’Assemblea nazionale.
Naturalmente l’opposizione vede in tutto questo l’ombra di Pechino, giacché la Repubblica Popolare è stata per lungo tempo il principale sponsor dei Khmer rossi anche sul piano internazionale. Rimane scarsa l’influenza occidentale, e pure quella russa dopo la fine dell’Unione Sovietica.
La Cambogia, insomma, sembra bloccata nel tempo, con i figli di Hun Sen e di Sihanouk saldamente installati al potere con la benedizione cinese. Del resto il Paese ha una posizione chiave nel Sud-Est asiatico, come capirono ben presto anche gli americani invischiati nel conflitto vietnamita.