Nell’editoriale del primo giugno 2018 de Il Fatto Quotidiano, a firma Marco Travaglio ed intitolato “Meglio o meno peggio?“, viene riportata la seguente affermazione:
Dopo tanti fallimenti e colpi di scena, abbiamo un governo di compromesso: magari non entusiasmante, ma nemmeno terrificante come l’hanno dipinto i giornaloni prim’ancora che nascesse. Tutto se ne può dire, fuorché che sia peggiore di quelli degli ultimi 15 anni. Non c’è neppure un ministro inquisito o condannato, ed è la prima volta dal 1994. Nessun ministro puzza di berlusconismo, ed è la prima volta dal 1983, quando con Craxi iniziò la lunga e ininterrotta stagione nera delle leggi ad personam e ad aziendam.
Il 2 giugno 2018 il leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, riprende le parole di Travaglio:
[…] insieme a una squadra di governo che non ha indagati e condannati ed è un unicum dal 1994, a quanto abbiamo capito…
Veniamo all’elenco degli attuali Ministri del Governo Conte:
- Luigi Di Maio (M5s) – Da chiarire la sua posizione nel caso Elena Polidori.
- Matteo Salvini (Lega) – Condannato per oltraggio a pubblico ufficiale.
- Riccardo Fraccaro (M5s)
- Giulia Bongiorno (Lega)
- Erika Stefani (Lega)
- Barbara Lezzi (M5s)
- Lorenzo Fontana (Lega)
- Paolo Savona (Indipendente in quota Lega) – Prescritto nel 2010 grazie alla legge Cirielli e indagato dalla Procura di Cagliari con l’accusa di concorso in usura (verso l’archiviazione)
- Enzo Moavero Milanesi (Indipendente)
- Alfonso Bonafede (M5s)
- Elisabetta Trenta (Indipendente in quota M5s)
- Giovanni Tria (Indipendente)
- Danilo Toninelli (M5s)
- Gian Marco Centinaio (Lega)
- Sergio Costa (Indipendente in quota M5s)
- Marco Bussetti (Indipendente in quota Lega)
- Alberto Bonisoli (indipendente in quota M5s)
- Giulia Grillo (M5S)
Per quanto riguarda Luigi Di Maio, la querela nei suoi confronti da parte della giornalista Elena Polidori venne archiviata. Tuttavia, ci furono polemiche in merito alle motivazioni dell’archiviazione, tirando in mezzo l’immunità parlamentare. Nell’articolo di NextQuotidiano del dicembre 2017 si riporta che il legale della giornalista avrebbe fatto reclamo contro l’archiviazione e che in tal caso Di Maio rinuncerebbe all’immunità parlamentare. Su questa storia sto aspettando conferme dai diretti interessati, in caso aggiornerò l’articolo.
Matteo Salvini, invece, venne condannato per oltraggio a pubblico ufficiale dopo aver lanciato delle uova a Massimo D’Alema e alle forze dell’ordine (oggi è Ministro dell’Interno):
Passiamo a Paolo Savona, di cui si è discusso molto nelle ultime settimane anche in merito alla vicenda con Impregilo:
Il Tribunale di Milano ha dichiarato «estinto il reato per intervenuta prescrizione» per gli ex vertici di Impregilo, Piergiorgio Romiti e Paolo Savona, accusati di aggiotaggio in relazione a tre comunicati diffusi al mercato tra il 30 dicembre 2002 e il 25 febbraio 2003. Il giudici della prima sezione hanno accolto la richiesta avanzata dal pm Eugenio Fusco. La prescrizione è stata per la legge ex Cirielli.
Da lettore attento, fin dai tempi de “L’odore dei soldi“, ricordo le considerazioni di Marco Travaglio nei confronti di leggi come la ex Cirielli del 2005. In un chiaro disprezzo nei confronti del “Caimano” (così veniva etichettato Silvio Berlusconi) citava spesso la legge di “San Cirielli” con riferimenti molto evidenti, come nell’articolo “Padre Pijo e San Cirielli” del 2015 in riferimento al caso di Luciano Moggi (nota: nel pezzo parla di “fine 2015”, ma la legge venne approvata durante il terzo Governo Berlusconi nel dicembre 2005):
A parte gli arbitri Bertini e Dattilo, conferma la sentenza d’appello, annullandola solo per sopraggiunta prescrizione. Che peraltro, quando furono commessi i reati,era ancora di 15 anni: poi a fine 2015 B. la dimezzò a 7 e mezzo con la legge ex-Cirielli, falcidiando i processi suoi e dei suoi simili. Quindi, anziché a Padre Pio,Moggi dovrebbe accendere un cero a San Silvio e a San Cirielli.
Potremmo dire, seguendo le orme di Travaglio, che Paolo Savona dovrebbe accendere un cero a San Silvio e a San Cirielli.
Che la prescrizione non sia amata dal giornalista è un dato di fatto. In un articolo pubblicato il 28 maggio 2018 sul Fatto, di cui lui è direttore, viene riportata una sua citazione nei confronti del neo Ministro Giulia Bongiorno, mancante nelle critiche all’interno del’articolo del primo giugno (dove si era limitato ad altro e non ai ricordi su Andreotti):
“Giulia Bongiorno probabile ministro della Giustizia del governo M5s-Lega? Rispetto ad Alfonso Bonafede del M5s è il nome meno indicato, perché nell’immaginario collettivo è l’avvocato di Andreotti ed è un po’ il simbolo della prescrizione spacciata per assoluzione”. Così a Otto e Mezzo (La7) il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, si esprime sulla possibilità che la senatrice della Lega, Giulia Bongiorno, possa diventare ministro della Giustizia.
Concludendo con Savona, il 26 maggio 2018 Repubblica riporta che risulterebbe indagato dalla Procura di Cagliari con l’accusa di concorso in usura, ma il tutto dovrebbe essere archiviato*.
Marco Travaglio, a sostegno della sua tesi, dovrebbe riportare nel suo articolo del primo giugno il nome di almeno un Ministro indagato o condannato al momento del giuramento dinanzi al Presidente della Repubblica. Al massimo si potrebbe dire che ci furono, ma in seguito o successivamente ai loro mandati. Infatti, tra i Ministri del Governo Monti (2011-2013) risulta che Corrado Passera venne indagato e condannato in primo grado nel 2016, per poi essere assolto in secondo. Un altro esempio che possiamo riportare è quello del Governo Renzi (iniziato nel 2014) dove Luca Lotti divenne Ministro nel 2016, ma solo successivamente venne indagato per favoreggiamento e rilevazione di segreto istruttorio.
Potrà capitare che durante il corso di questa legislatura qualche Ministro o parlamentare venga denunciato o messo sotto indagine, ma siamo consapevoli che un indagato o inquisito non è colpevole fino a condanna definitiva. Marco Travaglio lo sa bene, avendo sostenuto la sua difesa fino alla Corte europea dei diritti umani nel 2017:
STRASBURGO, 16 FEB – I tribunali italiani non hanno violato il diritto alla libertà d’espressione di Marco Travaglio quando in primo e secondo grado, nel 2008 e 2010, l’hanno condannato per aver diffamato Cesare Previti nell’articolo ‘Patto scellerato tra mafia e Forza Italia’ pubblicato nel 2002 sull’Espresso. L’ha stabilito la Corte europea dei diritti umani dichiarando inammissibile il ricorso presentato dal giornalista nel 2014.
Spero vivamente che non ci siano altri indagati o condannati durante questo e altri Governi, perché il nostro Paese ha bisogno di dignità e rispetto.