A partire da Krewne
Uno dei temi che maggiormente hanno raccolto le riflessioni e ricerche culturali è quello del passato, la storia collettiva come quella più intima e personale; un’opera di una giovane artista ha affrontato questi aspetti in modo del tutto particolare. Kasia Fudakowski ha esposto alla seconda biennale di scultura di Varsavia, nel 2010, un lavoro dal titolo Krewne: un doppio cancello di ferro, dotato di ruote che ne garantiscano il movimento, e dipinto di rosso. Il colore rimanda simbolicamente al titolo che in polacco, lingua originaria dell’artista nata a Londra, può essere tradotto con consanguineità, legame di parentela che unisce determinate persone in tutta la propria visceralità.
Nel nostro passato
Una coppia di cancelli che si può aprire; un passato in cui si può entrare, e da cui si può uscire. Il proprio sangue, la propria famiglia, una parte per il tutto dei nostri primi anni, e allo stesso tempo la risposta senza parole alle domande sul nostro passato. Poter attraversare questi cancelli e fermarsi nello spazio da loro delimitato ci trasporta per un momento dentro lo spazio-tempo di ciò che è già stato; richiuderli ed essere liberi di andare avanti è un passaggio distinto, e proprio perciò non scontato.
Passando per Corto Maltese
Mi viene in mente una frase di Corto Maltese, personaggio del famoso fumetto di Hugo Pratt, ne “La ballata del mare salato”: “Fermarsi nel passato come fa lei…è come custodire un cimitero”. Il protagonista si sta rivolgendo al tenente di vascello Slütter, quest’ultimo pronto a veder eseguita la propria condanna a morte prefigurata dalla notizia della sconfitta navale dei propri connazionali. Idealmente il suo sangue ha già iniziato a scorrere, sulla neve della sua Lubecca, la sua giovinezza verso cui in questi ultimi momenti della sua vita sta tornando con la mente al momento in cui Corto lo interrompe; è così lontano ciò a cui pensa dall’isola sperduta nell’Oceano Pacifico in cui si svolge la storia, e in cui si lotta all’interno della Prima Guerra Mondiale alla deriva da interessi distanti. Il bianco candore della neve è impregnato del sangue, della sua giovinezza, della sua famiglia, carico del suo passato. Ma cosa significa tornare fermandosi a questa neve?
Rinchiusi nel nostro passato
Spostandoci fenomenicamente all’opera di Kasia Fudakowski, non essere stati in grado, dopo aver aperto ed essere entrati da quei cancelli, di uscire richiudendoli. Volti ed esperienze da cui mai si è definitivamente tirata una linea per andare avanti, le lapidi di questo cimitero che Corto Maltese addita a Slütter. Resta un coacervo di valori, eventi e giudizi di ciò che è stato; e la possibilità a partire da esso di costruire l’unico futuro libero, quello consapevole.
Giacomo Tiscione