Le mani della ‘ndrangheta sull’Emilia Romagna

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16 persone arrestate nell’operazione della Dda di Bologna: coinvolti esponenti della famiglia Grande Aracri e pure il presidente del consiglio comunale di Piacenza per reati vari, dall’associazione di stampo mafioso alla truffa aggravata.

Ha avuto il suo apice all’alba di martedì 25 giugno un‘operazione di polizia contro la ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Le indagini hanno portato all’arresto di 16 persone nelle zone di Bologna, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Modena. Si tratta di provvedimenti emanati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, per un‘indagine che coinvolge ben 72 persone. 13 sono le persone portate direttamente in carcere, mentre per 3 sono stati ordinati gli arresti domiciliari. Centro nevralgico dell’operazione è stato il comune di Brescello, in provincia di Reggio Emilia.

Il clan Grande Aracri

Tra gli arrestati figurano anche Francesco Grande Aracri, considerato uno degli esponenti più influenti all’interno del clan della bassa reggiana. Oltre a lui, arrestato anche Giuseppe Caruso, presidente del consiglio comunale di Piacenza. La polizia sta comunque eseguendo altre misure cautelari nei confronti di afferenti alle cosche della zona. I gruppi sarebbero comunque legati ai Grande Aracri di Cutro, nel crotonese. Le accuse vanno dall’associazione di stampo mafioso all’estorsione fino allo sfruttamento del lavoro, al danneggiamento e alla truffa aggravata. Caruso, in particolare, funzionario dell’Agenzia delle Dogane, è invece accusato di aver organizzato una truffa al fine di acquisire fondi europei a favore dell’organizzazione criminale. Per eseguire le misure cautelari sono stati impegnati oltre 300 agenti.

Emilia Romagna nel mirino

L’intervento di Roberto Saviano sulle infiltrazioni mafiose nel Nord Italia





Le varie direzioni distrettuali hanno portato avanti nel Nord Italia operazioni complesse in quest’ultimo periodo. Il territorio dell’Emilia Romagna è però da tempo un osservato speciale da parte delle autorità giudiziarie. Sempre la Dda di Bologna, nel 2013, nell’ambito dell’indagine “Edilpiovra”, aveva condotto una vasta operazione per il sequestro di svariati beni per un valore di tre milioni di euro. Si trattava di beni appartenenti o riconducibili proprio a Francesco Grande Aracri, fratello del boss della ‘ndrangheta Nicolino Grande Aracri. Oggetto del sequestro erano stati 16 conti correnti, alcuni depositi bancari, due società del settore edile, sei appartamenti, nove immobili commerciali, due veicoli e un terreno. Dalle indagini risultò che il clan Grande Aracri fosse arrivato nel reggiano dopo i primi insediamenti malavitosi, avviati con il soggiorno obbligato di alcuni esponenti mafiosi all’inizio degli anni Ottanta.

Nel 2015, l’imponente operazione Aemilia aveva poi portato all’emanazione di 117 richieste di custodia cautelare e ad oltre 200 indagati, per la maggior parte in Emilia e sempre collegati alla ‘ndrangheta. Altri 46 provvedimenti erano stati emessi dalle procure di Catanzaro e Brescia. Il 20 aprile 2016 il consiglio dei ministri aveva poi deliberato lo scioglimento del consiglio comunale di Brescello, comune di residenza dei Grande Aracri, per infiltrazioni mafiose.

Elisa Ghidini

 

 

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