Le Nazioni Unite si schierano contro i traffici illegali, è il Consiglio di Sicurezza che vota per un inasprimento delle sanzioni per coloro che ricoprono un ruolo nel mercato nero.
Nelle Nazioni Unite il voto del Consiglio di Sicurezza è unanime per quanto riguarda l’inasprimento delle sanzioni contro i capi coinvolti nei traffici illegali. A pagare a caro prezzo il proprio debito con la giustizia, in particolare, saranno coloro che si occupavano di traffico di essermi umani, petrolio e armi. Nel concreto si tratta di sanzioni che riguardano sia il guardacoste ‘Bija’ che i vertici della polizia petrolifera. Le accuse coinvolgono e arrivano fino al direttore dei campi di detenzione, organizzati come veri e propri lager.
La richiesta di inasprimento delle sanzioni è venuta dall’Onu nella speranza di poter fermare quello che è un vero e proprio sistema criminale. Gli investigatori Onu avrebbero indicato come componente fondamentale dei traffici illegali la guardia costiera libica Abd al-Rahman al-Milad detto Bija.
Abd al-Rahman al-Milad, in accordo con il governo libico, avrebbe contraffatto alcuni documenti delle Nazioni Unite nel tentativo di cancellare alcuni dei provvedimenti presi nei suoi confronti.
Bija starebbe collaborando con Osama Al-Kuni Ibrahim, capo dei centri di detenzione, e Moahmed Al Amin Al-Arabi Kashlaf, capo del Petroleum Facilities Guard di Zawyah. La guardia costiera libica e il capo del centro di detenzione avrebbero perpetrato atti di tortura e obbligato ai lavori forzati coloro che venivano confinati illegalmente nel centro di detenzione di Al-Nasar. Lo scopo era quello di estorcere ai prigionieri somme di denaro trasformando il centro di detenzione in un vero e proprio lager.
L’Italia fatica a riconoscere in Abd al-Rahman al-Milad un nemico e aveva consigliato alle organizzazioni del soccorso umanitario di coordinarsi con lui. Tuttavia, le prove che incriminano Bija e i suoi collaboratori sembrano essere sempre più stringenti.
Lo schema seguito dai contrabbandieri è breve e fin troppo semplice. Il primo passo consiste nel cercare i migranti dispersi in mare con l’obiettivo di farli tornare in terra. Una volta toccato il suolo gli sfortunati viaggiatori vengono condotti nei centri di detenzione che formalmente dovrebbero contrastare la migrazione illegale. La verità però, è ben peggiore di questa in quanto è nei centri di detenzione che si consumano i peggiori abusi sui migranti che diventano prigionieri a tutti gli effetti. I migranti rilasciati si portano con loro le ripercussioni delle torture subite che si trasformano in traumi permanenti.
Chi non si lascia fermare dalla paura e ritenta il viaggio in mare, però, non sa di essere all’interno di un circolo vizioso in cui se sarà fortunato riuscirà a giungere a destinazione mentre nel caso peggiore sarà nuovamente imprigionato. L’accordo non scritto è infatti, che soltanto una piccola percentuale riesca a terminare il viaggio.
La situazione in Libia continua a peggiorare, mentre l’Italia fatica ancora ad accettare una realtà sicuramente scomoda. Il mercato nero e i traffici illeciti avvengono ormai alla luce del sole e a discapito dei migranti. È assurdo che la misura presa dalle Nazioni Unite, seppur costituisca un passo avanti, si limiti all’inasprimento delle sanzioni. Non è, infatti ancora previsto l’arresto per coloro i cui nomi figurano nelle liste degli investigatori Onu. Ancora più assurdo è che l’Italia abbia persuaso le organizzazioni del soccorso umanitario a una collaborazione con quelli che sono i carnefici. La speranza è che la decisione delle Nazioni Unite dia inizio al cambiamento facendo aprire gli occhi a un’Italia che preferisce non guardare.