Nella Ue nazionalizzare si può. La Francia lo fa per STX, l’Italia deve farlo per Alitalia e Ilva

A view of Fincantieri shipyard is seen in Monfalcone near Trieste, in northest Italy, April 21, 2016. REUTERS/Alessandro Bianchi

Il presidente francese Macron, tra i più liberisti dei capi di stato europei, ha deciso di nazionalizzare i cantieri navali STX di Saint-Nazaire, un’azienda considerata strategica, in buona salute e con commesse importanti, aggiudicata al colosso italiano Fincantieri in occasione della messa in vendita per il fallimento della multinazionale sudcoreana STX, precedente azionista di maggioranza.
Giudicando problematico consegnare le chiavi di questo importante sito industriale a “Les Italiens”, Macron ha preso la decisione di procedere con la nazionalizzazione per tutelarne la strategicità per l’economia transalpina e i 7.000 dipendenti dei cantieri.




Dopo aver ascoltato le giaculatorie di ministri, politici e sindacalisti italiani sull’impossibilità di nazionalizzare le aziende strategiche in crisi del nostro Paese, ecco che il più europeista dei leader francesi, fresco di elezione all’Eliseo, li smentisce clamorosamente, facendo fare l’ennesima misera figura al nostro Paese, dove le aziende francesi hanno fatto shopping di aziende importanti oppure, come nel caso di Air France su Alitalia, hanno drenato enormi risorse verso l’altra parte delle Alpi.
Ciò accade, inoltre, proprio il giorno in cui Vivendi trasforma la Telecom, la più grande azienda di telecomunicazioni italiana, una delle più redditizie di Europa, in una costola del gruppo francese. Oltre al danno pure la beffa.

A questo punto, dobbiamo chiederci quale sia il recondito motivo per il quale quello che è possibile in Francia è considerato impraticabile da noi. Forse che l’ILVA e l’Alitalia sono meno strategiche per il nostro Paese? Non sono forse aziende decisive in settori trainanti per l’Italia? Non sono forse in gioco migliaia di posti di lavoro, quattro volte quelle dei cantieri STX, e miliardi di oneri sociali che graveranno a carico dei cittadini italiani?




Arcelor Mittal ha già quantificato gli esuberi: 4200 dovranno lasciare l’ILVA, senza contare l’indotto, mentre per Alitalia a ottobre avremo l’esatta dimensione del probabile disastro dell’ennesima svendita a vettori stranieri, con migliaia di esuberi che rischiano concretamente di avvicinarsi a quelli dell’azienda siderurgica.
Da anni ci ripetono che di nazionalizzazione non si può neppure parlare, che l’Europa ce lo vieta e incapperemmo nelle ire malefiche di qualche decina di burocrati, i famosi Commissari Europei, messi a fare i cani da guardia del capitale e della finanza.
Ora il re è nudo e Macron dimostra di essere uno dei veri padroni dell’Europa Unita.

Le stesse preoccupazioni che hanno indotto la Francia a nazionalizzare: l’avvenire di interi settori industriali, il destino di migliaia di lavoratori e la cessione di sovranità, dovrebbero essere alla base delle scelte dei nostri governanti, dal liberista Calenda al democatico Gentiloni.
Anche se ci aspetteremmo un sussulto di dignità da parte loro, sappiamo che è molto difficile combattere contro l’insopprimibile voglia di farci male che da anni si è impossessata della politica italiana.
Noi in ogni caso rilanceremo la battaglia per la nazionalizzazione fino in fondo, accanto ai lavoratori dell’ILVA, dell’Alitalia e di tutte quelle aziende che uno sviluppo capitalistico distorto vuole sacrificare sull’altare della speculazione e del mero profitto.
Nazionalizzare si può. Nazionalizzare si deve.

Exit mobile version