Iran, le autorità hanno giustiziato Navid Afkari. Il giovane wrestler, sotto tortura, avrebbe confessato di aver commesso diversi “crimini”. Un’esecuzione segreta: le autorità non hanno neanche informato la famiglia. A denunciarlo è Human Rights Watch.
Ancora una volta, il regime iraniano ha affermato il falso. È un modello sistematico, che dimostra un totale disprezzo per le norme sui diritti umani più fondamentali.
Navid Afkari: i processi (falsi)
Le autorità iraniane hanno intentato tre casi contro il wrestler Navid Afkari e suo fratello Vahid. Entrambi sono stati arrestati nel settembre 2018 con dozzine di accuse che includono partecipazione a manifestazioni illegali, insulti al leader supremo dell’Iran, rapina, “avversione a Dio” e omicidio.
Il 15 ottobre 2019, il ramo 1 del tribunale penale di Shiraz ha condannato Afkari, 27 anni, alla pena di morte per il presunto omicidio di Hasan Turkeman, apparentemente un agente delle forze dell’ordine durante le proteste dell’agosto 2018. La corte ha invece condannato il fratello Vahid a 25 anni, per aver presumibilmente assistito all’omicidio. Il 25 aprile 2020, la sezione 32 della Corte suprema ha confermato la sentenza.
Habib Afkari, un altro fratello, è stato condannato a 1 anno di prigione e 74 frustate per “partecipazione a dimostrazioni illegali e interruzione dell’ordine pubblico”, 4 anni e mezzo per “aver disobbedito all’ordine di un ufficiale delle forze dell’ordine e insultato”. 2 anni e mezzo e un risarcimento finanziario per “aggressione intenzionale con uno strumento tagliente” e 7 anni e mezzo per “assemblea e collusione per commettere crimini” contro la popolazione. Per un totale di 15 anni e mezzo.
L’ufficio del procuratore della sicurezza nazionale avrebbe poi accusato i tre fratelli Afkari di “seminare corruzione sulla terra (“Isfad fil Arz”) istituendo un quarto gruppo che si oppone al regime con l’intenzione di interrompere la sicurezza nazionale”, “propaganda contro lo stato” e “assemblea e collusione per commettere crimini contro la popolazione”.
Navid Afkari: vittima di tortura
L’organizzazione per i diritti umani Amnesty International ha descritto l’esecuzione di Afkari come una “parodia della giustizia“. A nulla sono valsi i numerosi appelli per fermare l’esecuzione, provenienti anche da un sindacato che rappresentava 85.000 atleti in tutto il mondo.
Ancora una volta, il tribunale ha respinto l’accusa di tortura, citando addirittura una falsa dichiarazione di Navid in cui avrebbe detto, in presenza di un avvocato, che non lo avevano torturato e che non aveva bisogno di vedere un medico legale.
Ma il 13 settembre 2019, in una lettera scritta a mano, Navid Afkari aveva descritto dettagliatamente le torture che aveva subito in due centri di detenzione di Shiraz. Percosse alle gambe, alle mani e all’addome con un bastone, alcol versato nel naso e un sacchetto di plastica stretto sopra la sua testa fino al punto di soffocamento.
Pena di morte: così il regime soffoca le proteste
L’Iran ha il secondo tasso di esecuzioni più alto al mondo (al primo posto c’è la Cina), con 251 persone giustiziate nel solo 2019. Almeno altre otto persone sono state condannate a morte in relazione alle proteste in Iran negli ultimi due anni.
Negli ultimi anni, le forze di sicurezza iraniane hanno risposto alle proteste con un uso eccessivo della forza e arresti di massa. E ovviamente, non hanno condotto indagini trasparenti sulle morti dei manifestanti. Nell’esempio più recente, le autorità hanno utilizzato una forza letale e illegale contro le proteste iniziate il 15 novembre 2019. Secondo Amnesty International, sono almeno 304 le persone uccise durante quelle manifestazioni.
Il diritto alla libertà di espressione
Il diritto internazionale garantisce il diritto alla libertà di espressione e di riunione pacifica. È sancito dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), di cui l’Iran è parte. Inoltre, il diritto internazionale garantisce a chiunque sia accusato di un reato l’accesso a un avvocato in tutte le fasi del procedimento penale.
Invece di perseguire i fratelli Afkari e i manifestanti in processi iniqui, le autorità dovrebbero consentire un’indagine indipendente sugli abusi da parte delle forze di sicurezza che reprimono le proteste. Le autorità dovrebbero garantire che chiunque sia accusato di un vero crimine ottenga un processo equo in conformità con gli standard internazionali sui diritti umani”,
ha affermato Sepehri Far, ricercatrice nella Divisione Medio Oriente e Nord Africa, dove indaga sulle violazioni dei diritti umani in Iran e Kuwait.
Infine, proprio Navid Afkari – in una registrazione rilasciata da Amnesty International – disse:
Se vengo giustiziato, voglio che sappiate che una persona innocente, anche se ha cercato e combattuto con tutte le sue forze per essere ascoltata, è stata giustiziata.
Riflettete, riflettiamo.
Giulia Chiapperini