Nave da crociera a Stromboli: qualcuno ricorda la Costa Concordia?

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Di Andrea Umbrello


L’isola di Stromboli ha qualcosa che continua a richiamare la nostra attenzione. No, non si tratta soltanto della bellezza che caratterizza l’intero arcipelago delle Isole Eolie. Si tratta, ancora una volta, di fermarsi a riflettere sull’irriverente atteggiamento dell’essere umano.

Circa quattro mesi fa, Roberta Denti ha descritto minuziosamente e con dolore, sulle pagine di Ultima Voce, la strage ambientale generata dalla furia di un incendio causato dall’uomo per la realizzazione di una fiction trasformatasi in un “reality” a causa delle reazioni di tutti gli attori coinvolti. Un disastro che ha privato l’isola di una buona parte della sua flora, argine fondamentale contro calamità naturali.


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Nel mese di agosto l’isola è stata colpita da un nubifragio con tonnellate di fango e detriti che si sono riversate per le strade, causando danni per svariati milioni di euro. Una tragedia che molto probabilmente non sarebbe successa senza l’incendio di cui ho scritto poco fa.

Poi, meno di due mesi dopo l’alluvione, è il vulcano a farsi sentire. Colata piroclastica e nuova emergenza, con il livello dell’attenzione elevato dalla Protezione civile da giallo ad arancione.

Oggi, scopro del transito di una nave da crociera a pochi metri dalla spiaggia. 217 metri di ferro sfiorano la terraferma per consentire a un covone di turisti di ammirare la “sciara del fuoco”. La nave è la “Balmoral”, di proprietà della Fred Olsen Cruise Lines, costruita nel 1988 dai cantieri Meyer Werft di Papenburg, Germania. È la stessa nave che il 15 aprile 2012 lanciò una corona di fiori nelle acque gelide dell’Atlantico dove oltre 100 fa si inabissò il Titanic.

Quanti ne parleranno senza tragedie come quella che ha investito la nave Costa Concordia comandata da Francesco Schettino e ottimamente raccontata da Pablo Trincia nel suo podcast “Il dito di Dio”?

La differenza sostanziale tra le due vicende, oltre alle povere 32 persone che hanno perso la vita,  è che nel primo caso si tratta di una tragedia che poteva essere evitata, nel secondo invece, di una possibile disgrazia che nessuno può rischiare di correre.

Si tratta quasi sempre di rispetto. Quello per la vita di migliaia di persone, per la natura e, in questo caso, per “isolani” che da troppi mesi vivono per salvare il salvabile.

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