Naufragio a largo di Pylos: da un’indagine emerge chiaramente la responsabilità delle autorità greche

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Sono numerose le inchieste che nelle ultime settimane stanno facendo emergere con più chiarezza le dinamiche del naufragio dello scorso 14 giugno a largo di Pylos. L’inchiesta della testata giornalistica “Solomon” ha messo in luce le colpe delle autorità greche in questa vicenda: le accuse principali per la Guardia Costiera sono quelle di aver svolto un traino sconsiderato, provocando di fatto il naufragio,  e di aver manomesso i verbali dei sopravvissuti. Sempre su “Solomon” appare la denuncia di Apostolis Fotiadis: solo lo 0,07% di 819milioni di euro di budget per il controllo delle frontiere utilizzato per le operazioni di ricerca e soccorso.

Naufragio a largo di Pylos: l’indagine congiunta di Solomon, The Guardian e Ard

Il 14 giugno 2023,  il peschereccio “Adriana”, partito dalla Libia e diretta in Italia con più di 700 migranti a bordo, affondava a largo di Pylos nel Peloponneso, oltre 600 i morti. Da subito c’erano stati dubbi sulla veridicità delle affermazioni della Guarda Costiera greca  e ora questa tesi è stata confermata dall’indagine congiunta di Solomon, Forensis, The Guardian  e ARD che, tramite una ricostruzione 3D, realizzata a partire dalle testimonianze dei  sopravvissuti, dalle dichiarazioni dei testimoni, dai rapporti ufficiali della Guardia Costiera e di Frontex, dai registri di coperta della nave della Guardia Costiera e delle petroliere in transito, dalle fotografie aeree e dai dati sulla posizione e sul movimento di navi e aerei e da alcuni filmati esclusivi dalle navi commerciali che si trovavano nell’area, hanno svelato particolari importanti sulla dinamica del naufragio a largo di Pylos.

I risultati principali dell’indagine

Innanzitutto, l’indagine ha sottolineato la gravità dell’assenza di un video delle operazioni di salvataggio. Infatti, in base ad un documento di Frontex del marzo 2021, la nave della Guardia Costiera (ΠΛΣ-920), che disponeva di ben due sistemi di telecamere termiche all’avanguardia, era obbligata a registrare tali operazioni. A poco valgono le giustificazioni dei membri dell’equipaggio, in base alle quali tutto l’equipaggio era impegnato nel soccorrere i migranti e di conseguenza nessuno poteva realizzare un video dell’accaduto, infatti pare che le telecamere a disposizione dell’imbarcazione potessero funzionare in autonomia: non vi era dunque alcuna necessità di realizzare il video manualmente.

Da una fonte di Frontex è emerso poi che l’agenzia europea aveva offerto aiuto ben tre volte, senza ricevere alcuna risposta dalla Guardia Costiera greca. Inoltre, pare che i verbali dell’ l’imbarcazione messa a disposizione per il salvataggio dei migranti , il ΠΠΛΣ-920, risultino notevolmente contraddittori. Ad esempio, si trova riportato che prima dei naufragio il peschereccio “Adriana” si  stesse muovendo verso ovest, mentre in realtà sembra che si sia mosso per circa un’ora (dalle 00:44  alle 01:40) in direzione sud.

Un altro particolare che non era emerso riguarda il tentativo fallito attuato dall’imbarcazione della Guarda Costiera di guidare il peschereccio verso  l’Italia: a quanto pare il ΠΠΛΣ-920 aveva diretto a distanza il peschereccio, che lo aveva seguito finche il suo motore non si era rotto di nuovo. A questo punto, secondo alcuni sopravvissuti alcuni uomini mascherati di ΠΠΛΣ-920 erano saliti a  bordo del peschereccio, legando una corda alla poppa. Questa ricostruzione risulta coerente con quanto riportato registro di coperta del ΠΠΛΣ-920.

Decisive le testimonianze di alcuni migranti siriani che si trovavano sul ponte, secondo i quali la Guarda Costiera greca avrebbe attuato ben due tentativi di trainare il peschereccio, il secondo dei quali sarebbe poi stato la causa del capovolgimento del peschereccio e dunque del naufragio a largo di Pylos. Queste affermazioni sarebbero confermate da quanto raccontato da alcuni migranti pakistani che, pur non avendo visto cosa stava accadendo in quanto si trovavano all’interno della nave, hanno riferito di aver avvertito una forte spinta in avanti “come un razzo”, che fa pensare proprio ad un movimento di traino. Queste dichiarazioni si aggiungono alle testimonianze presentate da altre inchieste giornalistiche e alle dichiarazioni dei sopravvissuti incluse nel fascicolo ufficiale del caso,  quindi non sembrano più esserci molti dubbi su come sono andate davvero le cose e sulla colpevolezza delle autorità greche, resa ancora più grave dalla successiva manomissione delle prove, persino dei verbali dei sopravvissuti.

Ma non finisce qua, perché al danno la Guardia Costiera greca ha voluto aggiungere anche la beffa: a seguito del ribaltamento del peschereccio, il  ΠΠΛΣ-920 ha lasciato la scena, generando onde che hanno reso più difficile rimanere a galla per i sopravvissuti che tentavano di arrampicarsi sul peschereccio. Infine, dopo essersi ritirato dalla scena del crimine, il ΠΠΛΣ-920 ha diretto i suoi fari sul luogo del naufragio. I sopravvissuti hanno cercato di raggiungere a nuoto la nave della Guardia Costiera, ma era troppo distante. Solo 30 minuti dopo, quando il peschereccio era completamente scomparso dalla superficie dell’acqua, sono iniziate le operazioni di salvataggio, operazioni che come già menzionato non sono state riprese dalle telecamere di bordo come prescritto da Frontex. Alcuni sopravvissuti hanno addirittura affermato che subito dopo il salvataggio la Guardia di Costiera gli avrebbe sequestrato i telefoni, su quali erano presenti video dell’incidente.

La denuncia di Apostolis Fotiadis

Apostolis Fotiadis, giornalista della testata investigativa greca Solomon, ha denunciato che solo lo 0,07% di 819milioni di euro di budget per il controllo delle frontiere è stato effettivamente utilizzato per le operazioni di ricerca e soccorso nel naufragio a largo di Pylos.  La maggior parte dei fondi viene invece investita in attrezzature di deterrenza come droni, veicoli di ogni tipo, telecamere termiche, elicotteri e sistemi di sorveglianza automatizzati. In generale, lo scopo principale negli investimenti sembra essere quello di rafforzare i controlli alle frontiere, scoraggiando gli arrivi, piuttosto che quello di fornire aiuti umanitari concreti ai migranti in difficoltà.  

«È tragico ma non sorprendente che la priorità sia tenere fuori le persone piuttosto che salvare vite umane», queste le parole di Catherine Woollard, direttrice del Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (ECRE),intervistata da Solomon. La direttrice del Consiglio europeo ha poi sottolineato il carattere sistemico dei problemi che riguardano la gestione dei flussi migratori, riconoscendo anche le responsabilità delle politiche europee di “esternalizzazione” : «I finanziamenti dell’UE hanno come priorità il sostegno all'”esternalizzazione” – la strategia su più fronti per tenere i rifugiati fuori dall’Europa. A causa dell’assenza di rotte sicure, la stragrande maggioranza dei rifugiati non ha altra scelta che intraprendere viaggi pericolosi in fuga da persecuzioni e violenze».

Virginia Miranda

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