Natascha Kampusch ha 28 anni, un lavoro e un appartamento tutto per sé. Guardandola, nessuno immaginerebbe mai l’inferno che ha passato: è stata tenuta prigioniera per otto anni. Un uomo fortemente malato l’ha privata della sua infanzia e adolescenza.
Sono tante le storie di donne rapite, segregate, picchiate, violentate, lasciate morire di fame. Il tutto per soddisfare i desideri malati di uomini frustrati e repressi, che sfogano la loro rabbia su donne che non possono reagire, in quanto ammanettate o legate, ma anche picchiate fino allo sfinimento, in modo da instillare in loro la paura. Il rapitore instaura con la donna rapita un rapporto di subordinazione, di dipendenza, in modo che lei pensi di non poter fare a meno di lui, che è l’unico con cui ha un rapporto, l’unico che sembra provvedere al suo sostentamento.
Jaycee Dugard aveva 11 anni quando, in procinto di prendere lo scuolabus, è stata rapita e tenuta prigioniera fino ai 29 anni. Durante la prigionia, il suo aguzzino l’ha sottoposta a pesanti violenze psicologiche e sessuali. Oggi Jaycee ha 36 anni, è una donna libera e ha due figlie, il cui padre è proprio l’uomo che durante quegli infernali 18 anni è stato il suo carceriere e la sua “famiglia”.
Michelle Knight, Amanda Berry e Gina DeJesus hanno trascorso rispettivamente undici, dieci e nove anni chiuse in uno scantinato, subendo angherie e violenze di ogni tipo. Il loro carceriere era Ariel Castro, ribattezzato dai media “il mostro di Cleveland”. Durante il processo, Michelle ha parlato della sua terribile esperienza, per poi rivolgersi a Castro: “Mi hai privata di undici anni della mia vita. Ora il mio inferno è finito ed inizia il tuo”. Forse consapevole di ciò, Castro si è impiccato nella sua cella.
Com’è adesso la vita di queste donne, che per tanti anni sono state private della libertà e dei più basilari diritti umani? Natascha lotta ogni giorno per ricostruirsi una vita, ma deve essere forte anche per affrontare il mondo esterno, da cui è stata sempre fortemente criticata. A quanto pare, la ragazza si è mostrata fin troppo sicura di sé davanti alle telecamere, poco dopo la liberazione. La gente non ha visto una vittima, ma una giovane donna bella ed energica, che parlava quasi come un libro stampato. Secondo alcuni, la ragazza durante la prigionia ha avuto una relazione con il suo aguzzino, ipotesi smentita dalla Kampusch in persona.
Natascha, Jaycee, Michelle, Amanda, Gina. Queste donne sono solo delle piccole gocce nel mare della violenza e della deprivazione della libertà, ma simboleggiano il ritorno alla vita dopo anni di prigionia. Non sono solo storie, sono persone, donne vere, ciascuna con la propria personalità e i propri sogni. Donne che devono affrontare gente che non le comprende o che prova pietà per loro, consapevoli del fatto che gli anni di cui sono state private non torneranno più. Ma la vita continua, sempre e comunque.