Come può esistere il Natale degli ultimi, in un mondo che ama solo i primi?
Sul fascino, sulle suggestioni del magico periodo natalizio sono stati girati milioni di film, scritte pagine su pagine di altissimo valore letterario.
Eppure ogni anno ci ritroviamo qua, distesi in un momento di estrema riflessione, a rimpiangere i valori perduti e le antiche tradizioni dei bei tempi andati. Il Natale ha perso la sua poesia.
E’ per questo che sono qua con voi, per immergermi in tutti quei Natali nascosti, che non consideriamo mai. Quelle giornate gelide, incomprese, di chi non riesce ad amarlo, quell’omone con la barba lunga, e di chi semplicemente non può farlo.
Se pensiamo, al giorno d’oggi, ad un Natale senza sorriso, di certo una fitta lì, in mezzo al costato, l’accusiamo. La povertà è una piaga profonda e vertiginosa, buia, e fa paura. Giovani italiani senza lavoro, festività che rappresentano un momento drammatico per una schiera sempre più crescente di persone.
Come puoi festeggiare se senti il male nel cuore?
Compagni, fratelli, sentimenti di amicizia dimenticati da tempo. Questo può aiutare a dimenticare il vuoto nello stomaco, e ricreare un po’ di quel clima di festa e gioia, dal quale molta gente è stata esclusa.
Il Natale degli ultimi, ma non solo.
Esiste anche il Natale di chi non ama il Natale.
Non sempre è una questione di anticonformismo, di volersi sentire diversi ad ogni costo. Siamo agli sgoccioli dell’anno, è tempo di bilanci, tasche bucate, riflessioni e delusioni. Quindi perdonateci se non ci svegliamo con il crampo alla mascella dato dal sorriso perenne.
E’ il tempo della neve, che è sempre troppo poca, atmosfera natalizia, regali, golosità, luci, famiglia. C’è chi accende e spegne l’albero, chi divide con la propria metà il cioccolatino del calendario dell’avvento. Se questo non è amore natalizio.
E c’è chi vive nella sua bolla di sapone e, per quanto si sforzi, non riesce ad uscirci.
Non è che odiamo il Natale, è che ci mettiamo più tempo ad apprezzarlo, ad assaporarlo, a viverlo. La mattina, prima del caffè, non si scorgerà mai neanche un accenno di sorriso sul nostro volto infreddolito; ci dimentichiamo di mettere Gesù Bambino nella mangiatoia, non accompagniamo i Re Magi lungo il loro cammino, e non è colpa nostra se il gatto confonde l’amorevole presepe per la sua lettiera.
Esistono vari modi di assaggiare il Natale, così come esistono 7 miliardi di esseri umani al mondo.
(Pensai anche di mettermi a scrivere… Ma nulla, il vuoto. Difficile creare un racconto di Natale se non ti chiami Charles Dickens).
Esiste il Natale di chi ha perso tutto.
Esiste il Natale dei così detti cinici. Coloro che trascorrono il periodo natalizio sopraffatti dalla stanchezza e dalla noia, tra il divano, un buon libro, una serie tv, e attendono pazientemente di tornare a lavorare. Si tratta del club di quelli che vivono la profonda convinzione che il Natale sia incredibilmente sopravvalutato. Non odiano, non amano, non sono neanche apatici o crudeli. Hanno semplicemente una soglia di sopportazione più bassa e, spesso, non riescono a tollerare quel marasma di persone letteralmente travolte dall’entusiasmo.
Un Gin Tonic, per favore.
Ora che ho dell’alcool in corpo posso ritornare al Natale degli ultimi.
Si, perchè esiste il Natale di chi ha perso tutto.
Bombe e sangue. Esiste in Natale di chi non conosce pace.
A raccontarlo è l’artista Marco Chiurato che, in occasione delle festività, realizza bombe di vetro colme di sangue; assomigliano a palline natalizie, aiutano a ricordare chi continua a morire, anche il giorno di Natale.
Ecco il Natale di cui non vogliamo sentire parlare; quello delle fosse comuni, dei cadaveri abbandonati, con evidenti segni di torture e mutilazioni. Una guerra che non si ferma. Un Natale che continua ad esplodere e sporcarsi di sangue. Immagini di distruzione. Oltre 100 barili esplosivi lanciati nella dilaniata Siria, solo nelle ultime 48 ore.
Il cuore sanguina.
Buon Natale.
Babbo Natale doveva arrivare prima, oramai la neve ha ricoperto le macerie, il freddo è pungente, i bambini non aspettano altro che il loro momento, per addormentarsi per sempre.
Si dice che la prima vittima della guerra sia la verità. In secondo luogo, abbiamo anche ucciso il Natale.
E non potrei mai dimenticarmi il Natale di chi soffre di un disturbo alimentare.
Dall’anoressica, che trova riparo soltanto rinchiudendosi nella sua stanza, in totale solitudine, a graffiarsi il ventre e ad abbracciare il cuscino. Il periodo natalizio è fonte di estremo disagio e forte stress per tutte quelle persone che, con il cibo, hanno un rapporto complesso, emotivo, malato.
Il mondo sorride e il cuore piange.
L’Amore natalizio si esprime attraverso il cibo, abbondante e omnipresente sulle nostre tavole; ed è proprio quel cibo, che significa amore, che per loro è vietato.
Non posso mangiare una fetta di panettone, lo zuccherino, ma neanche il candito; non posso rischiare di perdere il mio prezioso controllo, non posso assaporare quel dolce che sa di vita, perchè potrebbe rappresentare la mia morte cerebrale. Devo restringere, oppure ingoiarlo in fretta e furia, per poi correre a vomitarlo, o tenermelo stretto nello stomaco, per placare per un nano secondo quel grido di sofferenza, che assumerà a breve proporzioni gigantesche, come un senso di colpa.
Conflitti, guerre interne, emozioni soffocate.
Esiste il Natale dei combattenti, che lottano ogni giorno con una malattia mentale, che non si vede, ma brucia.
Esiste, infine, il giorno in cui tragicamente finì la nostra infanzia, e venne allo scoperto un segreto oscuro e drammatico: leggende narrano che Babbo Natale beveva, eccome se beveva, ma non frequentava gli alcolisti anonimi.
A Natale si può credere di stare bene, di non sentire l’astinenza, di dimenticarsi, per un giorno, di avere un problema. I brindisi non sono per tutti, l’alcool è una malattia. Una malattia compulsiva che può colpire chiunque, dall’operaio, al parroco, al medico; Si continua a bere, fino al coma etilico.
Un disagio profondo che ti fa perdere tutto, le amicizie, gli affetti, la famiglia.
Difficile ritrovare il senso del Natale, se come unica compagnia ci è rimasta una bottiglia.
Vorrei concludere abbracciando virtualmente l’Egitto e la guerra contro i militanti islamici, la Libia e la sua guerra civile in corso, il Mali e gli scontri tra esercito e gruppo dei ribelli, il Mozambico e gli scontri contro i ribelli, la Nigeria e la sua guerra contro i militanti islamici, la Repubblica centroafricana, dove spesso avvengono scontri armati tra musulmani e cristiani, La Repubblica Democratica del Congo, e la sua guerra contro i gruppi dei ribelli, la Somalia, e la guerra contro i militanti islamici di al Shabaab, il Sudan, e la sua guerra contro i gruppi ribelli nel Darfur, il Sud Sudan, l’Indonesia, il Nepal, il Pakistan, l’Ucraina…
Vorrei abbracciare quel marasma infinito e mutevole, quella costellazione formata da 7 miliardi di esseri umani che abitano il pianeta Terra, e il nostro diverso modo di avvicinarci al Natale.
Elisa Bellino