La narrazione della diversità e il ruolo dei media: agli albori della discriminazione secondo Said

La narrazione della diversità e il ruolo della comunicazione mediatica

Alla base di qualsiasi processo di discriminazione si individua con facilità una costruzione dicotomica tanto banale quanto letale: lo scontro “io-tu/noi-voi”. Un processo di narrazione della diversità perpetuato dai singoli individui e che si riverbera in intere società, trovando terreno fertile nella comunicazione mediatica come strumento per la sua diffusione. 

Edward Said, docente e studioso statunitense di origini palestinesi, esamina in maniera approfondita la tematica della creazione di un nemico passibile di stigmatizzazione in collegamento con la trasmissione mediatica e la sua autorevolezza. 

Said declina tale riflessione all’interno di un contesto di creazione di identità e di contrapposizione all’”altro”. In particolare riflettere sul gioco narrativo oriente-occidente e su come questo crei immagini stereotipate e generalizzanti del diverso (o di ciò che si considera tale). Nel libro Covering Islam. Come i media e gli esperti determinano la nostra visione del resto del mondo (2012) sviluppa una lunga riflessione sul ruolo che hanno i mass media nella creazione di uno standard di “Islam”, facendo si che nell’opinione comune si associno automaticamente a tale orientamento religioso termini quali “fondamentalismo” o “violenza”. Questo processo nasce dallo scontro con una cultura percepita come differente e dalla necessità di categorizzarla secondo un presunto criterio universale.

“Noi” diversi da “loro”

La tendenza all’auto-attribuzione di identità per contrapposizione a un “altro da sè” è comune a tutte le realtà, a partire dal macro-mondo del gruppo etnico o religioso fino al singolo individuo. Si innesca una processo dicotomico “io-tu”/“noi-voi”, basato proprio sull’attribuzione a questo “tu/voi” di caratteristiche da cui discostarsi, utili a soggettivare se stessi per contrapposizione (e sdegno). Solo in questo modo sarà possibile dichiarare la propria identità, incorporarla e reiterarla. Perché l’identità stessa non è una realtà ontologica, ma una delle tante creazioni possibili per mezzo del linguaggio. 




In occasione di un avvicinamento (o di uno scontro) con una realtà sconosciuta, si sente la primitiva e innata necessità di categorizzarla a vantaggio della propria visione e posizione nel mondo. Chiaramente, il perno di questa elaborazione di Said si trova nella critica all’assenza di conoscenze concrete e attendibili sul famigerato ”altro” e sull’ ingiustificata tendenza alla standardizzazione delle sue caratteristiche intrinseche.

Responsabilità nella narrazione della diversità: i mass media 

Said sottolinea che questa mancata consapevolezza rispetto a ciò che si dichiara non è appannaggio esclusivo di inesperti e impreparati, ma anche di chi si attribuisce l’autorità per poterne parlare o scrivere pubblicamente: intellettuali, giornalisti, divulgatori o politici. 

Dice, sempre in riferimento alla stigmatizzazione dell’Islam:

È estremamente raro leggere articoli che informano sulla cultura islamica […].

Pare che l’Islam desti l’attenzione di tutti soltanto quando scoppia una bomba in Arabia Saudita, oppure quando l’Iran minaccia di attaccare gli Stati Uniti.

I mass media hanno il potenziale per svolgere, in casi come questo, un ruolo determinante, contribuendo alla creazione di un’opinione comune. Opinione che, in alcuni casi specifici, sfocia proprio nell’atteggiamento discriminatorio dovuto al sentimento di inquietudine nei confronti della diversità.

Secondo questa visione l’obiettivo prioritario dei mass media è quello di elaborare un’informazione estremamente fruibile basata su forme brevi e telegrafiche e sull’utilizzo di un repertorio di concetti e immagini conosciute al lettore/ascoltatore. Si elimina, in questo modo, la descrizione di una vicenda complessa per prediligerne l’impatto sul pubblico in un’ottica utilitaristica.

Un concorso di colpa: il lettore superficiale 

Di contro, è necessario attribuire al lettore una precisa responsabilità nella ricezione dell’informazione. Esistono differenze rilevanti tra i vari mezzi di comunicazione ed è quantomeno richiesta, al buon lettore, una certa consapevolezza circa i livelli di incisività che caratterizzano i diversi media. La linea di quotidiano, intesa come l’orientamento della testata, è un elemento  sulla base del quale la notizia viene reinterpretata ed esposta: sicuramente un primo punto da tenere in considerazione, dal momento in cui determina a priori un certo interesse verso l’accurata (o meno) narrazione della diversità.

La scelta consapevole è un elemento di discrezionalità e di responsabilità del lettore che lo porta a uscire dalle dinamiche di imposizione forzata di una narrazione della diversità in favore di una libero racconto di sé e dell’altro.

Sara Scagliarini

Exit mobile version