Nel vibrante centro della Napoli tardomedievale, tra le tortuose strade illuminate da candele tremolanti e le melodie evocative di serenate che cullavano l’anima della città, una serenata a Giovannella de Gennaro avrebbe presto scatenato un’ondata di scandalo e intrighi.
Nella Napoli dei tempi tardomedievali, un’atmosfera di musica e canti popolari aleggiava per le strade, incantando gli abitanti della città. Diversi eminenti storici dell’epoca descrissero questo scenario affascinante, notando come il popolo si dilettasse nell’esecuzione spontanea di melodie con flauti e mandolini, il sottofondo perfetto per le canzoni d’amore che riecheggiavano tra le stradine tortuose.
Tuttavia, l’idillio non era sempre privo di problemi, come dimostrò un incidente avvenuto nel lontano 1335, protagonista di una vicenda che sarebbe rimasta impressa nella storia di Napoli. Un notaio di nome Jacobello Fusco, nativo della città, decise di dedicarsi con fervore alla nobildonna Giovannella de Gennaro, intraprendendo un’ardua corte mediante canzonette e parole, purtroppo, indecenti. La giovane donna non aveva alcun interesse nel ricevere tali attenzioni, specialmente considerando che era già legata da un sacro vincolo matrimoniale con un altro uomo.
La situazione si complicò al punto che fu necessario chiamare in causa le autorità. In questo frangente, il re Roberto d’Angiò intervenne, determinato a mantenere l’ordine morale nella vibrante Napoli. Riconoscendo la rettitudine e la castità di Giovannella, il sovrano si rese conto che si stava profanando il sacramento del matrimonio con le indesiderate avances del notaio. Con fermezza, invitò i giudici ad indagare accuratamente sui fatti e a prendere provvedimenti severi contro il notaio, che, a causa della serenata a Giovannella de Gennaro fu intimato con decreto del tribunale di star lontano dalla casa della sua amata.
La decisione di punire in modo esemplare Jacobello Fusco era guidata da un obiettivo ben preciso: scoraggiare gli altri napoletani dal turbare la quiete delle donne sposate con atteggiamenti indesiderati. Il re si assicurò che la virtù del sacramento matrimoniale fosse preservata e rispettata, dimostrando così la sua determinazione a proteggere l’ordine e la moralità nella Napoli di allora.
In questo scenario di serenate, musica di strada e romanticismo, la vicenda di Jacobello Fusco e la sua punizione divennero un monito per tutti coloro che osavano turbare l’armonia delle vite coniugali delle donne napoletane. La città, avvolta nella sua bellezza e nella sua musica, aveva dimostrato che l’amore, anche se celebrato con melodie e canzoni, non poteva scavalcare i confini del rispetto e della moralità. Napoli, così come il suo re, aveva dimostrato di essere pronta a proteggere i valori sacri del matrimonio, anche se ciò significava intervenire in una serenata indesiderata sotto le stelle di una notte azzurra.