«Si accettano massimo sette prenotazioni al giorno. Si prega di non insistere e presentarsi il giorno successivo.»
Questo è l’avviso stampato su un foglio di carta apposto presso uno dei centri in cui si pratica l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), più comunemente definita aborto. Ci troviamo a Napoli, presso il Policlinico di via Pansini, e la situazione è quanto mai critica: tantissime sono le donne e le ragazze in fila, alcune sono minorenni e accompagnate dalle madri. Tutte sono lì per un’unica ragione: abortire. Abortire un figlio che non desiderano, un figlio che non possono tenere, un figlio che ha gravi malformazioni, un figlio concepito da una relazione conclusa o diretta sul viale del tramonto o un figlio frutto di uno stupro. Solo loro conoscono le loro storie e solo loro sanno il perché di una scelta così difficile.
Aborto a Napoli: “è una lotteria”
Solo sette prenotazioni al giorno e chi non ce la fa? Torna il giorno dopo e se non ci riesce, ritorna il giorno succesivo e così via. Per riuscire ad essere tra le prime sette ‘fortunate’, bisogna alzarsi prima del sorgere del sole. La portavoce cittadina dell’unione donne in Italia, Stefania Cantatore ha così descritto la situazione
«Sulla ruota della 194, è una lotteria»
Una lotteria perché non sai mai se e quando uscirà il tuo numero vincente, ossia quando arriverà il tuo turno. Poi scatta l’ora X: alle 8:00 gli addetti allo sportello si attivano e prendono nota degli arrivi, segnando le prenotazioni; bisogna farlo di persona, non è possibile tramite telefono.
«Non sfugge che il disagio resta, a prescindere dai posti effettivamente disponibili»
Troppo poco personale per troppe interruzioni volontarie di gravidanza da praticare: in Campania se ne registrano più di 1200 all’anno, di cui 150 farmacologiche (prima erano 2-3 al giorno, oggi sono saliti a 7-8) e 180 praticate durante il secondo trimestre, a causa di malformazioni del feto.
Malgrado l’aborto sia garantito e regolato dalla legge 194 del 1978, rimane ancora un argomento tabù, eppure è un diritto delle donne quello di poter decidere di interrompere una gravidanza. Ma tra medici obiettori di coscienza e carenza di peronale ausiliario, questo diritto viene negato tante, troppe, volte a chi desidera esercitarlo. Da queste carenze viene la necessità di regolare e limitare le prenotazioni: non è possibile praticare più di un certo numero di aborti, perché manca il personale per poter seguire in maniera adeguata le ragazze e le donne che si rivolgono alle strutture.
Presso il Policlinico di via Pansini il reparto è aperto dalle 8 fino alle 14, ancora più restrittivo è l’ospedale Cardarelli: massimo quattro pazienti solo martedì e giovedì.
Sui muri degli ospedali si leggono frasi che lasciano il vuoto dentro:
«Non volevo ucciderti, resterò sempre con questo dolore ma non posso rischiare la vita e lasciare senza mamma gli altri due… Ti amo»
«Eri il maschio. Ti abbiamo desiderato e cercato, in questi mesi amato e oggi siamo qui per non farti soffrire… Il Signore ha scelto te per questi problemi che ti ha dato, la malattia è brutta…»
«Cucciolo, non avresti avuto una vita normale»
«Primo figlio a 46 anni, sola senza un soldo… Maurizio, che tu sia maledetto per sempre. Sei scappato… Ma sappi che il semino ti guarderà dal paradiso e ti giudicherà per tutto quello che hai fatto»
«Siamo tutte peccatrici, vergogna»
«Donne non vergognatevi. Vostro il corpo, vostra la scelta».
Aborto: un diritto negato
La limitazione imposta da centri medici e ospedali alle richieste di interruzione di gravidanza incrementa il fenomeno degli aborti clandestini, che sono assolutamente illegali e pericolosi per le pazienti (si può rischiare un’emorragia, danni all’utero, ma in alcuni casi anche la morte). Oltre al personale, scarseggia anche l’informazione sulla salute sessuale e riproduttiva femminile.
«I consultori non sono più un punto di riferimento innanzitutto per promuovere consapevolezza sessuale e riproduttiva».
A quarant’anni dall’approvazione della legge sull’aborto, ecco la situazione che deve affrontare e vivere una donna a Napoli, in Italia. Mancano i medici, mancano gli infermieri, manca l’organizzazione per accelerare le prenotazioni e velocizzare gli interventi. L’aborto è un diritto, ma chi lo garantisce?
Carmen Morello