MycoWorks: funghi per una moda più sostenibile

MycoWorks

Funghi come pelle grazie alla manipolazione del mycelium.

MycoWorks: dalla California l’idea di trasformare il mycelium dei funghi in una fibra simil-pelle sostenibile e sempre più apprezzata dalle grandi case di moda.  

Vestire sostenibile sarà presto possibile grazie a MycoWorks, l’azienda californiana che ha brevettato un materiale simil-pelle a partire dal mycelium dei funghi. Grandi case del lusso come Hermès già strizzano l’occhio e il successo del prodotto sembra destinato a crescere.  

 L’idea 

Anno 2007. L’artista californiano Philip Ross sperimenta la possibilità di creare nuovi materiali a partire dal mycelium, la sostanza costitutiva delle radici dei funghi. Acquistava la materia prima da agricoltori locali per poi manipolarla fino a darle la consistenza di una fibra densa chiamata “mycotecture” dall’unione delle parole “mykes” e “structure”, ovvero “fungo” e “struttura”. Il materiale ha successo e nel 2012 inizia addirittura la sua commercializzazione.  

Nasce MycoWorks, l’azienda biotech di prodotti in “mycotecture. A fondarla sono lo stesso Philipp Ross e Sophia Wang, Ph.D. all’Università della California e ora capo dell’azienda. A loro si unirà poi Matthew Scullin, capo esecutivo.  

MycoWorks: un progetto ambizioso 

“Eravamo un’azienda biotech creata da artisti”

Ha dichiarato Wang 

“Il nostro primo obiettivo, fu quello di creare un materiale che avesse lo stesso aspetto e consistenza della pelle, ma che fosse privo di qualsiasi componente animale o plastica”.

Ad oggi, infatti, non mancano le alternative ai prodotti in vera pelle, ma sono costituite prevalentemente da materiali plastici, poliuretano o PVC. Prodotti cruelty-free ovviamente, ma per nulla eco-sostenibili. 

Da qui la rivoluzione di MycoWorks. 

“I prodotti in mycotecture raggiungono la stessa qualità dei prodotti in vera pelle, senza il bisogno di ricorrere ad alcuna plastica”

Ha detto Matthew Scullin, capo esecutivo.  

Ne è un esempio Reishi, la fibra simil-pelle ricavata dall’omonimo fungo di origini giapponesi.  

Funghi come pelle 

Il processo di creazione comincia combinando il mycelium del fungo Reishi con della segatura. Il risultato è un foglio sottile che può essere manipolato a piacimento. Esso assume facilmente la forma che il cliente desidera per poi essere arricchito da trame specifiche o l’aggiunta di altre fibre, come il cotone. Il prodotto viene poi rifinito da concerie esterne. Un processo che si compone di pochi passaggi e che, ribadisce Matthew Scullin, ha un basso impatto ambientale.  




MycoWorks: le aziende del lusso dicono sì  

Un materiale rivoluzionario, eco-sostenibile, sul quale hanno già messo gli occhi alcune grandi compagnie di moda e alta moda. Hermès è una di queste. La casa d’alta moda ha ufficialmente adottato Reishi come materiale per la fabbricazione delle sue borse Victoria.  

E ancora Nick Foquet, stilista californiano molto popolare tra le celebrità, ha utilizzato Reishi per produrre alcuni dei suoi cappelli.  

“Le mie sarte non hanno saputo distinguere un prodotto in vera pelle da uno in Reishi”

ha dichiarato entusiasta il designer. Circa 50 cappelli sono stati fabbricati interamente in Reishi e venduti al prezzo di $810 l’uno.  




Per una moda più sostenibile  

La piccola azienda biotech creata da artisti conta ad oggi più di 75 brevetti e 160 dipendenti negli Stati Uniti, Francia e Spagna. Un successo destinato a crescere e dal quale emerge la volontà di cambiamento del settore della moda. Sempre più aziende del lusso stanno ricercando materiali alternativi sostenibili, incentivando la nascita di compagnie biotech sul modello di MycoWorks. Ne è un esempio Bolt Threads, anch’essa impegnata nella produzione di fibre in mycotecture e che attualmente collabora con Stella McCartney, così come con Adidas, Lululemon e Mercedes. In via sperimentale ci sarebbero anche materiali provenienti dalla lavorazione dell’ananas e del cactus.  

“L’obiettivo non è quello di replicare la sostanza animale ma creare qualcosa che abbia la stessa morbidezza e resistenza della pelle ma un impatto ambientale insignificante”.  

 

Alessia Fallocco

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