A seguito dell’assassinio di padre Jaques Hemel in Francia, il centro francese per il culto musulmano ha lanciato un appello, che in molti, anche in Italia, hanno accolto.
Dopo l’omicidio nella parrocchia di Saint-Étienne a Rouen, in Francia come in Italia, nelle chiese, molti Imam hanno partecipato alla messa.
Un gesto di solidarietà, un segno per sottolineare ancora una volta, verso i più ottusi -che si ostinano a rimanere ottusi e bigotti, basti guardare i rivoltanti e ignorantissimi commenti scritti sui social a proposito di questa notizia-, che non tutti i musulmani sono terroristi e che la lotta contro questa organizzazione è univoca e siamo tutti dalla stessa parte.
Un gesto corale, di quelli che servono oggi, per ricordarci o suggerirci flebilmente, ma in maniera presente, che la pace è possibile e che si deve ambire ad essa. Entrare in una chiesa da musulmano avrà forse sortito un qualche turbamento? O in fondo ogni religione è di pace?
Il terrorismo, questo grande nemico. Mentre noi ci scanniamo come bestie a chi ha il tono di indignazione più alto e più abilmente lo sa sbandierare, le forze politiche alimentano i nostri discorsi di circostanza e finanziano questo stesso nemico, ma per vie trasverse.
Di questi tempi, attuare un gesto, seppur simbolico, di pace verrà comunque additato come manipolatorio e per questo doppiamente aggredito, trasformando tutta la faccenda in un controsenso così pesante da chiedersi se ne vale davvero la pena di tutto questo spettacolo. Ma ormai siamo avvolti da una violenza fisica, psicologica e verbale dal quale sarà sempre più difficile districarci. Eppure pregare tutti dentro una stessa chiesa, dentro delle mura che innalzano un dio diverso dal tuo seppure uguale nel suo verbo, rimane ancora un gesto di umanità gentile che tenta di ricordare la quiete. Il resto sono parole di chi ha la guerra in testa.
La solidarietà è un tesoro. Laico, innanzitutto, che non ha bisogno di religioni. Ma poiché l’uomo comunica attraverso déi dai vari nomi e nazionalità, dunque che sia un giorno di messa condivisa, facendo posto a sedere a un dio che parla una diversa lingua.
E quando questa solidarietà permette di fare incontrare il mio dio con il tuo e svelare la totale assenza di differenze effettive, allora forse anche io ricorderò di essere un uomo uguale a te.
La mia messa, oggi, è sognare una pace che si ristabilizza e un’umanità esausta che risorga dall’ignoranza dei soldi e delle armi.
Gea Di Bella