Il musical nel mondo: palcoscenici e culture a confronto

musical

Espressione della cultura statunitense e da sempre inscindibilmente legato al contesto storico-sociale in cui viene prodotto, il musical è un genere di difficile esportazione.

Nonostante il musical si sia ormai diffuso in buona parte del mondo, il successo e la popolarità del genere variano notevolmente in base al Paese d’arrivo e alla sua cultura. Nel cinema l’adattamento linguistico e culturale è limitato al rendere comprensibile il film: sarà il prodotto finito, nel suo insieme, a trasmettere emozioni e intenti comunicativi allo spettatore. Nel teatro, invece, l’obiettivo non è solo l’accessibilità del contenuto, ma anche e soprattutto l’immediato coinvolgimento emotivo del pubblico. In teatro è “buona la prima” e la risposta del pubblico arriva in tempo reale. Se questa risposta non c’è o non è quella desiderata, significa che lo spettacolo ha in qualche misura fallito nel proprio intento. E ritengo che l’unica chiava per coinvolgere profondamente lo spettatore, sia interagire con la sua sensibilità culturale.

È facile immaginare che, l’esportazione di un genere profondamente radicato nella propria cultura d’origine abbia avuto sorti diverse nei diversi Paesi. Se l’esportazione nel Regno Unito e poi in altri Stati europei come Germania e Paesi Bassi ha subito ottenuto il consenso del pubblico, non si può infatti dire che lo stesso sia avvenuto in Italia. Al di là del fatto che in Italia il teatro in sé è visto già come forma di intrattenimento di nicchia, la nostra eccellente tradizione lirica rende comprensibile l’atteggiamento di diffidenza che il pubblico italiano ha avuto per lungo tempo nei confronti di un prodotto teatral-musicale così simile alla lirica, ma anche così diverso. Eppure, soprattutto grazie alla creazione di spettacoli originali più vicini al gusto italiano, sempre più persone si sono avvicinate e appassionate al mondo del musical anche nel nostro Paese.




Il panorama italiano

Il musical in Italia nasce negli anni Cinquanta, quando i commediografi Garinei e Giovannini prendono il modello statunitense e lo integrano con melodramma e teatro di rivista, dando quindi vita a commedie musicali di grande successo quali Rugantino (1962) e Aggiungi un posto a tavola (1974).

Risale invece al 1983 la fondazione della Compagnia della Rancia, la prima compagnia teatrale italiana specializzata nella produzione di musical. Sotto la direzione artistica di Saverio Marconi, la Compagnia della Rancia mette in scena alcuni dei musical di maggior successo del panorama internazionale, traducendoli interamente in Italiano. Famosissimo il Grease (1997) interpretato dall’acclamata coppia Cuccarini-Ingrassia.  Marconi produce inoltre alcuni lavori originali, come Pinocchio – Il Grande Musical (2003) con musiche dei Pooh e l’indimenticato Manuel Frattini nel ruolo del protagonista.

Nel 1993, a Bologna, apre The Bernstein School of Musical Theater, la prima accademia di teatro musicale in Italia, a cui faranno seguito la Scuola del Musical di Milano e la Scuola Teatro Musicale di Torino. Accademie che oltre all’attività didattica e agli spettacoli messi in scena con gli allievi di ogni corso, portano in Italia altri musical internazionali, come West Side Story, diretto da Federico Bellone, e, per la regia di Marco Iacomelli, Next to Normal – spettacolo meno noto, ma vincitore del Premio Pulitzer per la drammaturgia nel 2010. La panoramica sui musical internazionali importati in Italia, non sarebbe tuttavia completa senza un accenno al lavoro del regista Massimo Romeo Piparo che ha portato in Italia spettacoli come Jesus Christ Superstar, con Ted Neeley (già interprete di Gesù nel film del 1973), spesso mantenendo i testi originali inglesi.

Infine, come non citare il grande David Zard, che con le sue produzioni ha messo in scena spettacoli che, per gli appassionati e non solo, non necessitano di presentazioni, quali Notre Dame de Paris (2022) e Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo (2013). Spettacoli sicuramente più vicini alla sensibilità e alla tradizione europea e per questo spesso definiti opere popolari o moderne.

Glocalizzazione

Incarnazione dello spirito newyorkese, per tutta la sua storia, il musical è stato riflesso del contesto storico-sociale in cui era inserito. Lo stesso, tuttavia, vale per le produzioni originali nate nei Paesi in cui il genere è stato esportato. Dall’estro degli spettacoli statunitensi, con la British invasion si afferma una nuova generazione di autori e un nuovo tipo di musical, più drammatico e più vicino al melodramma europeo. Una tendenza che si riscontra anche nell’appena citate opera popolare, che – proprio per la vicinanza al musical della British invasion, i critici fanno fatica a considerare un genere a sé stante.

Insomma, con i dovuti accorgimenti, il genere è stato esportato, e nuovi prodotti sono stati creati in altri Paesi ed esportati a loro volta, in un reciproco scambio. La società globalizzata in cui viviamo ci permette di essere in contatto costante con la cultura anglossassone e questo riduce notevolmente lo shock culturale. Che siano film, serie tv, ma – almeno per gli appassionati – anche i musical in lingua originale inglese, tutte le forme d’intrattenimento sono vie privilegiate per entrare in contatto con una cultura straniera e, al giorno d’oggi, sono più accessibili che mai. 

Localizzazione culturale

Allo stesso tempo, però, quando si va a vedere un musical con testo tradotto, penso sia giusto aspettarsi che lo spettacolo sia realmente adattato al pubblico a cui è destinato. Pubblico che in questo caso non intende necessariamente fare un’esperienza internazionale di immersione nella cultura straniera, ma che probabilmente vorrebbe semplicemente godersi lo spettacolo lasciandosi coinvolgere emotivamente, come già accennato.

Per rendere uno spettacolo totalmente godibile per il fruitore, a prescindere dall’origine dello spettacolo stesso, è quindi necessaria, oltre alla traduzione e all’adattamento linguistico di libretto e testi, un’attenta e pervasiva operazione di localizzazione culturale. Anche a costo di distaccarsi leggermente dall’originale, infatti, è essenziale che librettisti e parolieri abbiano sempre come riferimento la sensibilità del pubblico che hanno di fronte. Esistono, infatti, alcuni aspetti che non fanno parte del bagaglio culturale, bensì della nostra forma mentis, del nostro modo di vedere il mondo, e che variano enormemente di Paese in Paese.

Nel caso specifico del musical, tipo di comicità e tempi comici sono indubbiamente i due elementi più legati alla nostra sensibilità culturale. Elementi che potranno generare una risata nel pubblico solo se gestiti con consapevolezza. Al contrario, invece, se questi aspetti non vengono presi nella dovuta considerazione, non solo non produrranno ilarità, ma creeranno anche un inevitabile senso di straniamento in un pubblico che, a quel punto, sentirà davvero il genere del musical come qualcosa di troppo distante da sé e dalla propria cultura.

Cristina Resmini

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