La comunità LGBTQIA+ entra nei musei. Il ruolo crescente delle istituzioni culturali nell’educazione e nella formazione sui temi della diversità e dell’identità di genere. Mostre, laboratori museali, incontri e workshop possono fungere da propulsore per un cambio di prospettiva?
I musei sono davvero inclusivi? Quanto la cultura istituzionale si mostra disponibile al sostegno della comunità LGBTQIA+? Queste domande sono state al centro della discussione per il rinnovamento della definizione di museo da parte dell’ICOM (International Council of Museums), recentemente sostituita in occasione dell’Assemblea Generale Straordinaria, tenutasi a Praga nel 2022, con una versione più inclusiva:
Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che effettua ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio materiale e immateriale. Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano eticamente e professionalmente e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze.
L’estrema urgenza di rinnovare la definizione di museo dovrebbe essere essa stessa un’indicazione di quanto le tematiche LGBTQIA+ siano diventate parte integrante della lotta per promuovere lo sviluppo della cultura e la sua diffusione da parte delle più grandi istituzioni artistiche e culturali al mondo. Tuttavia, il processo di cambiamento è spesso tortuoso e pieno di ostacoli.
Negli ultimi anni, nei più importanti musei mondiali, è in atto un graduale cambio di prospettive. Le realtà culturali si sono finalmente liberate da quell’aurea di neutralità che le ha a lungo caratterizzate per abbracciare un nuovo obiettivo: diventare luoghi deputati alla ricerca e all’approfondimento sulle trasformazioni sociali. È arrivato il momento di andare oltre alle semplici manifestazioni, alla partecipazione e al sostegno al Pride, bisogna agire concretamente attraverso attività preposte all’educazione alla diversità per favorire il cambiamento partendo dal basso, dalle persone.
Alla base della nascente crescita delle esperienze di formazione museale sul tema si trova la necessità delle istituzioni di intervenire in prima persona per prendere una chiara posizione a riguardo, superando la paura di schierarsi, anche politicamente parlando. D’altronde, le mostre incentrate su identità di genere, senso di comunità, percezione del proprio corpo e rapporto con l’altro sono ormai diffusissime a livello internazionale.
Musei e attivismo LGBTQIA+
Generalmente l’Italia fa fatica ad adattarsi al cambiamento culturale con la stessa dinamicità di altri paesi europei, eppure il progressivo cambio di rotta si percepisce anche nel Bel Paese. Iniziative rivolte ai giovani come “Teens queer voice. Pratiche e strategia per un cambiamento“, rappresentano un esempio dello sforzo formativo delle istituzioni culturali italiane.
Si tratta di un’esperienza che ha preso vita all’interno del Mudec – Museo delle Culture di Milano, tra il 20 e il 21 maggio 2023. Partendo dalla mostra dedicata alla fotografa e attivista Zanele Muholi, i visitatori sono stati divisi in gruppi e hanno partecipato ad una discussione aperta e collettiva che vertesse sulle questioni ritenute da loro di maggior importanza in relazione a sessualità, identità di genere, diritti civili e inclusione. Il tutto con la possibilità di assistere ad una presentazione sull’attivismo LGBTQIA+ nelle istituzioni culturali, sotto la supervisione di Nicole Moolhuijsen esperta di pratiche queer e percorsi museali.
Occasioni di riflessione come questa, sia rivolte agli adulti che ai ragazzi, rappresentano in Italia un modo per riempire il divario tra la formazione ufficiale e la realtà vissuta dai cittadini. Dove le riforme scolastiche e le iniziative di sensibilizzazione statali non arrivano interviene la cultura. Si affronta, difatti, l’intersezionalità, ossia la sovrapposizione di differenti classi sociali, etnie e delle discriminazioni che queste vivono nella società.
I luoghi della cultura come spazi aperti al confronto e alla condivisione
Laboratori museali, biblioteche, archivi e università sono ambienti dedicati allo sviluppo e la promozione della cultura nati alla scopo di difendere l’articolo 9 della nostra Costituzione:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Temi estremamente complessi dal punto di vista culturale non potrebbero trovare ambiente migliore per essere trattati e diffusi. La programmazione di attività di questo tipo nelle sedi della cultura permette di raggiungere vaste fasce di pubblico, creando una relazione di scambio reciproco tra l’ente e i partecipanti, costituendo così una novità per i visitatori abituali ed un motivo di avvicinamento per i membri della comunità arcobaleno.
Venezia la città italiana che si distingue per l’attivismo culturale
L’intento di questi laboratori o progetti espositivi è, non solo quello di rendersi attrattivi per tutti, ma anche di creare intorno alla cultura un ambiente informale, destrutturando l’idea classica di museo. Per raggiungere questo scopo è fondamentale coinvolgere pure gli adulti, come ci dimostra la Fondazione Querini Stampalia che ha organizzato corsi di formazione all’interno del ciclo “Musei e Trasformazioni sociali” aperti sia agli addetti del settore che ai comuni visitatori.
Occasioni didattiche che prevedono un percorso guidato all’interno della sezione dedicata alla mitologia, dov’è stata recentemente inserita una sala incentrata sulle pratiche Queer in riferimento ai costumi veneziani del Settecento. Parte della collezione che tratta il libertinismo e il travestitismo in chiave storica, introducendo un dialogo sul ruolo della morale e delle abitudini sul giudizio sociale.
Peraltro, la città lagunare sembra costituire un centro di riferimento da questo punto di vista. Un’altra sede espositiva di rilievo come Palazzo Grassi ha recentemente ospitato quattro giorni di proiezioni e performance incentrati sull’identità di genere e sulle nuove rappresentazioni del corpo.
I progetti culturali all’estero
Sebbene l’Italia stia radicalmente cambiando il suo approccio culturale, il confronto con gli altri stati, europei e non, lascia ampi margini di miglioramento. In molte altre nazioni i programmi d’informazione dedicati ai temi di genere e alla comunità Queer all’interno delle sedi istituzionali sono variegati e più numerosi.
Basti pensare ai cosiddetti “LGBT History Month”, in sintesi tutte le attività organizzate per ricordare e festeggiare la storia della comunità che si svolgono in un mese specifico solitamente in giugno, almeno per quanto riguarda i paesi europei. La completa indifferenza verso questa celebrazione in Italia è indice dell’arretratezza culturale rispetto agli altri stati membri, i quali prevedono il coinvolgimento in questa programmazione mensile anche delle scuole.
Nasce un museo dedicato alla cultura Queer
Si tratta di pratiche considerate consolidate in nazioni come il Regno Unito, ne è un esempio il British Museum che da svariati anni organizza laboratori museali rivolti alle scuole con lo scopo di approfondire l’educazione ai diritti civili e alla sessualità.
Londra costituisce un modello virtuoso e si dimostra pronta al cambiamento, essendo la prima capitale europea ad aprire un museo totalmente dedicato alla storia della comunità il Queer Britain, sede espositiva fondata con lo scopo di favorire l’inclusività. Mentre spostandoci nei Paesi Bassi l’Amsterdam Museum organizza regolarmente i Queer Gaze Tour, visite guidate e workshop per ragazzi gestiti completamente da membri della comunità.
Certamente pianificare delle esperienze didattiche sulle tematiche inerenti all’universo LGBTQIA+ non è facile, se mal strutturate, attività di questo tipo potrebbero apparire come operazioni di “rainbow washing“. Eventi creati con il solo scopo di aumentare il pubblico e ripulire la propria immagine. Ciò nonostante, gli esperti del settore e gli strumenti necessari all’ideazione di progetti validi non mancano. Perciò, non ci sono più motivi per rimandare una ristrutturazione dei programmi museali, anche l’Italia deve equiparare al più presto la propria offerta culturale a quella degli altri paesi europei.
Francesca Calzà