È ufficialmente iniziata la costruzione di un muro fortificato in Finlandia al confine con la Russia. La proposta era stata avanzata dalla Guardia di Frontiera del paese. L’Europa si sta isolando.
Sono ben 1340 i chilometri di confine che separano Russia e Finlandia. Si tratta del confine con la Russia più lungo d’Europa. Le uniche barriere attualmente esistenti sono di legno e servono per non far sconfinare le mandrie di bestiame in un paese o nell’altro.
Dal momento in cui la Russia ha invaso l’Ucraina, un anno fa, la questione del confine ha assunto velocemente grande rilevanza nel dibattito politico della Finlandia. I timori principali non sono legati tanto alla possibilità (decisamente remota) di un’invasione russa nel paese, quanto più all’eventualità che la Russia utilizzi i flussi migratori come strumento di pressione sui territori finlandesi ed europei. Il ricordo delle centinaia di migranti usati come mezzo di pressione politica dalla Bielorussia nei confronti della Polonia è ancora vivo nelle menti dei leader Ue.
Il muro fortificato in Finlandia è solo uno dei tanti in Europa
I lavori sono cominciati martedì 28 febbraio a Imatra, centro abitato situato nella regione della Carelia meridionale, nel sud-est del paese. Imatra si trova in una delle aree considerate a più alto rischio di migrazioni di massa. La barriera di confine sarà lunga 200 chilometri, alta 3 metri e attrezzata con filo spinato, telecamere a visione notturna, altoparlanti e luci. Entro la fine di giugno dovrebbe essere ultimato un progetto di prova di 3 chilometri di lunghezza.
È quasi un anno che il governo finlandese discute di rinforzare il confine, ma solo da ottobre la PM Sanna Marin ha potuto contare sull’appoggio trasversale del parlamento in materia. I lavori dureranno almeno fino al 2025 e costeranno, secondo le stime, circa 380 milioni di euro. L’Unione Europea ha stanziato dei fondi per rinforzare il controllo dei paesi sulle frontiere esterne, anche se la Commissione europea formalmente ha specificato che non contribuisce finanziariamente alla costruzione di “muri” lungo i confini.
Il business della costruzione di muri
Si intitola così un report di ricerca realizzato da Stop Wapenhandel, un’organizzazione di ricerca indipendente olandese schierata contro l’economia di guerra, Centre Delàs, un centro di ricerca per la pace e il disarmo, e Transnational Institute, una think tank fondata nel 1974 con sede ad Amsterdam.
La ricerca, pubblicata nel 2019, analizza il fenomeno della militarizzazione delle frontiere, su diversi fronti (immigrazione via terra, controllo dei mari e infrastrutture di frontiera digitali), mettendo in evidenza gli attori che traggono maggiori benefici da questo business.
Il mercato e le aziende impegnate
Il grande mercato che riguarda la messa in sicurezza delle frontiere vale, secondo delle stime effettuate nel 2018, 17.5 miliardi di euro e gode di una crescita annuale dell’8% circa. Si parla di circa 900 milioni spesi dalle nazioni europee in ambito di difesa dei confini, oltre ai 4.5 miliardi stanziati dall’Unione europea (1.7 nel periodo 2007-2013 e 2.8 tra il 2014 e il 2020).
Ad operare in questo mercato e a supportare i governi europei in tema di sicurezza ci sono Thales, azienda francese che collabora principalmente con Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), l’italiana Leonardo (Leonardo-Finmeccanica), che fornisce soprattutto elicotteri, poi Airbus, Indra, Israel Aerospace Industries.
La triade della sicurezza di confine
La messa in sicurezza delle frontiere opera su tre aspetti: le frontiere (o i muri) di terra, realizzate e tecnologicamente fornite grazie al lavoro di aziende tecniche del settore meccanico e aerospaziale; i “muri marittimi”, ovvero l’insieme delle tecnologie (elicotteri, droni, navi, aerei) e delle operazioni (Frontex, operazione Mare Nostrum, per esempio) volte a rafforzare la sicurezza nei mari, specialmente nel Mediterraneo; infine, i “muri virtuali”, dunque tutto ciò che riguarda la sicurezza delle ICI (Infrastrutture Critiche Informatiche).
Luca Oggionni