I primi studi sulla multipotenzialità risalgono al 1972 ad opera dello psicologo R.H. Frederickson. Definì il multipotenziale come una persona, che nel contesto giusto, è in grado di sviluppare e combinare varie competenze e abilità.
Soggetti creativi e fortemente curiosi, sempre in fissa con un nuovo progetto e dediti al suo studio. I tratti tipici associati alla multipotenzialità sono:
- capacità di sintesi
- apprendimento rapido
- adattabilità
Combinate assieme, queste capacità permettono al multifunzionale di approcciarsi a discipline anche agli antipodi con ottimi risultati. A ognuna di queste vocazioni corrisponde un talento eccezionale che può costituire una buona carriera. Ma anche no. La passione spinge infatti un multipotenziale a focalizzarsi su una disciplina e a dedicarsi unicamente a questa fino ad acquisirne i segreti e le relative competenze. Facile che a questo punto la curiosità cominci a scemare e si passi a una nuova sfida o che si decida di portare avanti più progetti contemporaneamente. Seguendo un percorso di formazione intriso di creatività, opposto a quello standard, per il multipotenziale è difficile definirsi in maniera univoca.
Un ideale ben lontano da quello da catena di montaggio, basato sull’efficienza e che vede il valore di ognuno di noi, in funzione di questa e della propria curva di esperienza.
Spesso definite inconcludenti, le persone multipotenziali al giorno d’oggi non se la passano bene. Le scelte per il futuro e la pressione sociale nel perseguire un’unica specializzazione sono spesso fonte di ansia, che può sfociare in senso di inadeguatezza.
Emilie Wapnick, multipotenziale, imprenditrice, consulente professionale e blogger ha creato Puttylike uno spazio di condivisione che raccoglie testimonianze e consigli per tutta la community. Con l’obiettivo di valorizzare e rassicurare chi, incapace di seguire un percorso convenzionale, si sente perso e sbagliato in un mare di specialisti.
Multipotenzialità e spirito di rinascita
Non dimentichiamo che la storia è ciclica. Durante il Rinascimento, coltivare con successo più passioni era una prassi comune. Dalla metà del XIV secolo, fino alla metà o fine del XVI secolo, in nome del rinnovamento culturale è mutata la percezione del mondo e di noi stessi.
L’età rinascimentale è stata una continua esplorazione nei vari campi del sapere, che ha portato a grandi scoperte. I suoi protagonisti, spinti dalla brama di conoscenze, si sono affidati a un percorso di esplorazione eclettico. Leonardo da Vinci architetto, artista, ingegnere e tanto altro, non ha certo deciso di imbrigliare le proprie conoscenze in un’unica direzione, ma, anzi, ne ha sfruttato ogni punto di incontro.
Di sicuro una mente geniale e multipotenziale con la quale il paragone non conviene, ma da cui possiamo imparare ad apprezzare il valore di un approccio così flessibile.
Oggi che la realtà si fa sempre più incerta, anche il ruolo dell’uomo all’interno della società è incerto e confuso. La costruzione di nuove verità richiede un duro lavoro su sé stessi e l’intuito di saper sfruttare le proprie passioni e le loro intersezioni. Ampliare le proprie conoscenze e riuscire ad osservare la realtà da altre prospettive ci permette di analizzare i problemi in maniera diversa e risolverli con approcci nuovi.
Per creare il proprio posto nel mondo è necessario imparare a farsi spazio con tutte le proprie forze e innovarsi.
E’ probabile che, in futuro, il susseguirsi di cambiamenti e piccole rivoluzioni diventi così frenetico, da rendere sempre più difficile dare una risposta univoca alla domanda su chi siamo e cosa facciamo.
Valeria Zoppo