Mpox non è solo un virus: è uno specchio crudele delle drammatiche crepe sociali che cerchiamo di ignorare. Durante l’ultima riunione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha ribadito che Mpox resta un’emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale. Emergono domande cruciali: possiamo davvero fermare un virus senza affrontare le disuguaglianze sociali e i pregiudizi che ne alimentano la diffusione? Con casi in aumento in Africa, nuove varianti che si affacciano in Europa e gravi disparità nell’accesso alle cure, diventa evidente che non bastano vaccini e trattamenti antivirali. Serve una risposta potente che metta le persone, non solo il virus, al centro delle priorità.
Mpox: l’impatto globale e le sue dure conseguenze sanitarie
Dal 2022, Mpox ha messo in crisi i sistemi sanitari di numerosi Paesi, colpendo soprattutto chi vive ai margini della società. Febbre, affaticamento e dolorose lesioni cutanee sono solo una parte del problema: dietro i sintomi c’è una crisi devastante che non accenna a fermarsi.
I numeri sono scioccanti. Secondo l’OMS, tra gennaio 2022 e agosto 2024, sono stati confermati 106.310 casi e 234 decessi in tutto il mondo. La Repubblica Democratica del Congo (RDC) è al centro dell’emergenza, con oltre 6.169 casi confermati e ben 31.350 sospetti.
Ora, anche l’Europa è in allerta. Nel novembre 2024, una nuova variante, il clado 1b, è stata segnalata nel Regno Unito, successivamente confermata in Svezia e Germania. Spesso associata a viaggiatori provenienti da aree endemiche, questa variante evidenzia come Mpox continui a rappresentare una minaccia globale.
In Italia, Mpox ha già fatto registrare 1.056 casi fino ad agosto 2024, ma finora la variante clado 1b non è stata rilevata.
Lo stigma sociale di Mpox: il nemico silenzioso che colpisce tutti
Dietro questi numeri allarmanti si nasconde un problema devastante: i diritti umani.
Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha evidenziato che il 98% dei casi iniziali fuori dall’Africa ha riguardato uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM), con il 95% delle trasmissioni legate a contatti sessuali. Questo dato è stato spesso strumentalizzato per associare, erroneamente, Mpox alla comunità LGBTQIA+, pur essendo utile per identificare le dinamiche di trasmissione iniziali.
Questa associazione richiama i fantasmi degli anni ’80, quando l’HIV era descritto come un “problema di pochi”. Per molte persone della comunità LGBTQIA+, Mpox rappresenta una dolorosa reminiscenza di quei tempi, in cui stigma e isolamento sociale ostacolavano l’accesso alle cure.
Ma Mpox può colpire chiunque. Il peso del pregiudizio, tuttavia, continua a ricadere in modo sproporzionato sulle comunità già marginalizzate. Molti evitano di cercare assistenza per paura di discriminazione, creando un ciclo pericoloso: meno persone accedono ai servizi sanitari, più difficile diventa contenere il virus.
Anche le comunità migranti e i lavoratori informali affrontano barriere significative. La loro esclusione, unita ai pregiudizi, non solo amplifica le disuguaglianze, ma rallenta ogni tentativo di contenere Mpox in modo equo ed efficace.
Diritti umani e inclusione: il potente antidoto contro Mpox
Per combattere Mpox, non basta affidarsi ai vaccini o ai trattamenti. È cruciale affrontare le disuguaglianze strutturali che alimentano la diffusione del virus.
In Europa, alcuni Paesi hanno compiuto passi significativi. La Germania, ad esempio, si è distinta con cliniche mobili e campagne informative inclusive, basate sul messaggio chiaro: “La salute non ha gruppi target”. La Francia, dal canto suo, ha distribuito oltre 80.000 dosi di vaccino nel 2024, concentrandosi sulle comunità LGBTQIA+ per proteggere i gruppi più vulnerabili.
Tuttavia, gravi lacune persistono altrove. In Italia, organizzazioni come Arcigay hanno denunciato l’inefficacia delle campagne educative, specialmente nelle aree rurali. Nei Balcani e in altre regioni periferiche, la mancanza di vaccini e la sfiducia verso le autorità sanitarie complicano ulteriormente il contenimento dell’epidemia.
Le campagne educative devono veicolare messaggi chiari e inclusivi per eliminare la falsa percezione che Mpox colpisca solo determinati gruppi. L’accesso alle cure deve essere garantito a tutti, con particolare attenzione alle comunità più vulnerabili, spesso escluse dalle politiche sanitarie tradizionali.
Mpox: lezioni dolorose per un futuro più giusto
Mpox non è solo un’emergenza sanitaria: è lo specchio delle nostre fragilità sociali. Questa emergenza ci insegna che la salute pubblica non è mai neutrale: decide chi merita attenzione e chi viene lasciato indietro.
Per affrontare Mpox e le sue implicazioni, serve un modello di salute che integri empatia, giustizia e inclusione in ogni decisione. La vera cura non sta solo nei numeri o nella tecnologia, ma nella capacità di costruire una società in cui nessuno sia escluso dalla dignità e dalla cura.
Se Mpox è uno specchio, cosa ci dice sul mondo che vogliamo costruire? La vera domanda non è se il virus si fermerà, ma se sapremo fare meglio come società.