La mototerapia, una pratica che unisce l’adrenalina delle moto alla volontà di migliorare il benessere psico-fisico dei pazienti, è diventata recentemente oggetto di un acceso dibattito. Con l’approvazione del disegno di legge che la riconosce come terapia complementare, il Senato ha aperto una discussione non solo sull’efficacia scientifica di questa attività, ma anche sul ruolo delle emozioni e delle terapie non convenzionali nella cura. Mentre i sostenitori della mototerapia ne esaltano il potenziale impatto emotivo, la comunità scientifica e l’opposizione politica sollevano dubbi sulla mancanza di evidenze che giustifichino tale riconoscimento ufficiale.
Cos’è la mototerapia?
La mototerapia, nota anche come Freestyle Motocross Therapy (Fmx), è un’attività ideata dal campione di motocross Vanni Oddera per migliorare il benessere psico-fisico di pazienti affetti da gravi malattie e con disabilità. Piloti professionisti, usando moto elettriche, offrono dimostrazioni di freestyle motocross e permettono ai pazienti di salire in sella per un giro in aree protette, talvolta all’interno degli ospedali. L’obiettivo è rendere più positiva l’esperienza dell’ospedalizzazione e contribuire al percorso riabilitativo attraverso emozioni e adrenalina.
Il 20 novembre, il Senato ha approvato definitivamente un disegno di legge che riconosce questa pratica come “terapia complementare”. Il riconoscimento ha scatenato numerose critiche, soprattutto dalla comunità scientifica e dall’opposizione parlamentare.
Le critiche della comunità scientifica
Numerosi esperti, tra cui la senatrice a vita Elena Cattaneo, hanno espresso dubbi sull’efficacia della mototerapia come terapia complementare. Secondo Cattaneo, la legge rappresenta un grave pericolo in quanto fa parte di una legislazione antiscentifica, poiché non esistono prove scientifiche che supportino i benefici terapeutici di questa pratica.
Anche medici e neuropsichiatri infantili hanno sottolineato la mancanza di validazione scientifica, generando quindi una profonda incertezza sulla pratica della mototerapia per le persone con disabilità. Luigi Mazzone, direttore del reparto di Neuropsichiatria Infantile di Roma Tor Vergata, ha definito il provvedimento una forma di “demagogia sulla pelle delle persone”. Allo stesso modo, Chiara Pezzana, neuropsichiatra e direttrice del Centro per l’Autismo di Novara, ha ricordato che molte attività ludico-ricreative, come la pet therapy o l’ortoterapia, pur avendo effetti positivi, non possono essere considerate vere terapie senza adeguati studi scientifici.
Uno studio controverso
A sostegno della mototerapia, viene spesso citato uno studio condotto nel 2020 presso l’ospedale Regina Margherita di Torino. Lo studio, basato su un campione di 50 pazienti pediatrici oncologici, 50 genitori e 25 sanitari, ha valutato l’impatto emotivo della mototerapia tramite questionari. I risultati indicavano una riduzione dello stress e delle emozioni negative, con un aumento di quelle positive. Tuttavia, secondo gli esperti, lo studio manca di un solido impianto metodologico, non includendo un gruppo di controllo né un follow-up sui parametri medici misurabili.
Il dibattito parlamentare
La legge è stata approvata con 71 voti favorevoli, 34 contrari e 9 astensioni, alcune provenienti da Fratelli d’Italia. Le opposizioni hanno duramente criticato il provvedimento, accusando il governo di promuovere una “legge-spot” priva di basi scientifiche. Il Partito Democratico ha evidenziato l’apparente paradosso di un governo che taglia risorse alla sanità pubblica, ma trova il tempo per legiferare su pratiche non validate.
Anche Italia Viva si è unita alla polemica, attaccando il provvedimento e accusando il Parlamento di alimentare false speranze nei pazienti e nelle loro famiglie.
Il ruolo delle emozioni
Nonostante le critiche, i sostenitori della mototerapia sottolineano il valore emotivo e motivazionale di questa attività, soprattutto nei reparti pediatrici. Alessandra Locatelli, ministro per le Disabilità, ha dichiarato che la mototerapia contribuisce a rendere più dignitosa e umanizzata l’esperienza della cura, regalando momenti di svago e felicità ai pazienti, anche in situazioni difficili.
Il riconoscimento della mototerapia come terapia complementare solleva questioni importanti sul confine tra attività ludiche e trattamenti scientificamente validati. Mentre l’entusiasmo dei sostenitori si concentra sull’impatto emotivo della pratica, la comunità scientifica e parte del Parlamento chiedono maggiore rigore nella definizione di ciò che può essere considerato una terapia. La sfida rimane trovare un equilibrio tra l’umanizzazione delle cure e il rispetto delle evidenze scientifiche.
Lucrezia Agliani