Una mostra davvero particolare quella prevista a Venezia per domani 20 settembre: la galleria Venice Faktory esporrà undici disegni realizzati in carcere da Pietro Pacciani, il contadino toscano che all’inizio degli anni ’90 fu identificato dagli inquirenti come “Mostro di Firenze” (successivamente assolto e morto in attesa di una sentenza definitiva).
Per l’occasione saranno messe in vendita 150 copie dei disegni, ma è giallo sul ricavato. Il frutto della vendita, infatti, dovrebbe essere rigorosamente devoluto in beneficienza, secondo le volontà dello stesso Pacciani. L’ente designato sarebbe l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, ma il nosocomio nega decisamente di essere a conoscenza dell’iniziativa:
“Le iniziative di raccolta fondi ad esso dedicate devono essere preventivamente autorizzate,” comunica l’amministrazione.
I disegni, nessuno dei quali osceno (gli schizzi a tema erotico sono finiti sotto sequestro da parte della magistratura), rappresentano prevalentemente figure animali e scene di vita agricola. Del resto, la pittura aveva avuto un ruolo importante nel primo processo contro il contadino di Ampinana, svoltosi nel 1994. Durante la lunga perquisizione nella casa del contadino, la squadra mobile rinviene un inquietante disegno firmato dall’indagato, dal titolo “Sogno di fantascienza”: la Procura lo utilizza come prova della natura perversa di Pacciani. Ben presto, però, si scopre che il quadro è in realtà opera del pittore cileno Christian Olivares: Pacciani ne ha solo trovata una copia in una discarica, per poi colorarla e aggiungere dettagli.
Pietro Pacciani, il “Vampa”
Una figura avvolta da un alone di leggenda quella di Pietro Pacciani, soprannominato “Vampa” dai compaesani (forse per il suo temperamento irascibile o per la sua abitudine di esibirsi come mangiafuoco alle fiere locali). Nato ad Ampinana nel 1925, Pacciani parteciperò alla Resistenza toscana. Si dedicava agli hobby più svariati, tra i quali la scrittura e, appunto, la pittura. Era inoltre noto come voyeur. Una fedina penale decisamente scioccante: prima una condanna per omicidio, nel 1951, per il quale il contadino scontò 12 anni di carcere, e poi una condanna per violenza sessuale ai danni delle figlie (appena dodicenni all’epoca dei fatti). Furono proprio questi precedenti, insieme a una misteriosa cartuccia Calibro 22 rinvenuta nel suo orto, a mettere gli inquirenti sulla sua strada: per la Procura era lui il misterioso “assassino delle coppiette”, l’autore di quei brutali duplici omicidi.
Il processo a suo carico, che ebbe enorme risonanza mediatica e deve gran parte del suo successo alla trasmissione Un giorno in pretura (condotta da Roberta Petrelluzzi), nonostante la drammaticità dell’oggetto processuale fornisce numerosi momenti di involontaria comicità, rivelando un sottobosco provinciale fatto di grandi bevute, amori mercenari, riti esoterici improvvisati e vite domestiche disastrate. Come quando Pacciani, esprimendosi in un boccaccesco dialetto fiorentino, ricorda la sua disavventura amorosa con la signora Sperduto, testimone chiamata dall’accusa, a una festa paesana: “La mollai al primo ballo, puzzava peggio della volpe”. Oppure quando il contadino di Ampinana recita una sua buffa poesia di fronte alla corte. Memorabile anche un’intercettazione ambientale, di per sé brutale perché testimonianza della violenza domestica contro la moglie Angiolina, che diventa tragicomica quando il contadino definisce la povera donna “serpente” e “brutto animale velenoso”. Una parentesi folkloristica per una delle pagine più buie della cronaca nera italiana.
Agata Virgilio